Lo scrittore: "Emulazioni? Nessuno è diventato camorrista dopo aver visto 'Gomorra', come nessuno si è fatto prete dopo aver visto 'Don Matteo'..."
"A 'Gomorra' esiste solo il male? Tutt'altro! E' proprio quel buio, sono proprio quelle ombre, che premettono di intravedere la luce del bene. Ma è determinante che non ci sia un eroe positivo, è determinante descrivere il male a prescindere dal bene: il meccanismo consiste proprio nel non dare al telespettatore un 'cibo già masticato'...". E' quanto spiega lo scrittore Roberto Saviano, autore del romanzo 'Gomorra' da cui è stata tratta la serie tv su Sky, intervenendo al teatro Brancaccio di Roma alla presentazione della stagione finale.
Il male è destinato a vincere, in assenza del bene? "No - sottolinea Saviano - I protagonisti sono già sconfitti e loro stessi lo sanno; la loro potenza rivela e riconosce al tempo stesso la loro impotenza a farcela: chi agisce come loro sa di avere già perso, cogliendo un destino drammatico".
Ma, aggiunge, "la presenza dello Stato, sia essa attraverso la giustizia o il carcere o la polizia, è articolata esattamente dal punto di vista criminale, non da quello del cittadino-telespettatore. Rischio di emulazione? Nessuno è diventato camorrista dopo aver visto 'Gomorra', come nessuno si è fatto prete dopo aver visto 'Don Matteo'...", rintuzza la ricorrente polemica Saviano.
Ma, giunti alla fine, quanto è rimasto della traccia originaria segnata dal romanzo e quanto si potrebbe immettere dopo la serie in un ipotetico romanzo riveduto, corretto e integrato? "Dal racconto del libro sono gemmate nuove storie e soltanto una serialità poteva permetterlo - osserva Saviano - Ma la narrazione è stata costruita per raccontare il nostro tempo, il denaro e il potere, la filosofia del 'o freghi o sei fregato', senza dare tregua, anche dal punto di vista del linguaggio, un dialetto napoletano stretto anziché la lingua italiana".
Così, "allo spettatore viene detto: 'ecco il tuo Paese, ecco il tuo mondo nel tuo tempo', che non può ridursi a un simbolo o a un gesto". Ricordando che "solo vedendo quel mondo criminale e raccontandolo, lo si può smontare, dando uno strumento per capire quel male. Se si decide di illuminare un frammento di verità, è per farlo emergere e non tenerlo più nell'ombra. Del resto, con le faide in corso, l'orizzonte criminale del racconto è assolutamente attuale", sottolinea Roberto Saviano.
(di Enzo Bonaiuto)