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Saviano: "A soli 26 anni inscatolato in una blindata, voglio gridarlo"

30 settembre 2021 | 12.27
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Lo sfogo: "La morsa della protezione negli anni mi è stata sbattuta in faccia come fosse un privilegio, vigliacchi"

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"Avevo solo 26 anni quando tutto è accaduto. Cosa facevate voi a 26 anni? Ricordate? Mi prendo un dannato momento per poterlo gridare che avevo solo 26 anni quando mi hanno inscatolato in una blindata, quando tutto si è trasformato in una guerra di posizione. Lo faccio ora che leggo le motivazioni della sentenza che ha condannato il boss Bidognetti e l’avvocato Santonastaso per minacce mafiose". Roberto Saviano pubblica su Instagram una sintesi del racconto (oggi integrale sul Corriere della Sera) che ripercorre le sensazioni e i pensieri che lo hanno attraversato durante la lettura della sentenza al processo per le minacce dei Casalesi. Secondo i giudici, infatti, nelle parole pronunciate durante il processo in questione c'erano precise minacce rivolte a Saviano.

"La strategia era quella di mettermi a tacere, in qualsiasi modo - scrive Saviano - Il messaggio fu semplice: se le condanne ai boss verranno confermate, colpiremo chi ci ha 'tormentato' per anni senza mai desistere, Rosaria Capacchione; e colpiremo chi ha acceso la luce e ci ha fatto 'andare in America', come disse il boss Antonio Iovine, e cioè Roberto Saviano. Ma qual era la richiesta? Spostate il processo, rivedete le condanne e noi li risparmiamo. In caso contrario vi abbiamo avvertito. È così che ci si trova stritolati, stretti nella morsa della protezione che, negli anni, mi è stata sbattuta in faccia come fosse un privilegio. Vigliacchi! E ora cosa mi resta? Aver avvelenato la vita di chiunque mi sia stato accanto. Mentre scrivo vedo i carabinieri della mia scorta che in questo istante sono davanti a me, silenziosi... non capiscono oggi qual è il dolore del giorno: se un mio cedimento, la tensione di una lotta o chissà cosa".

"Mi chiedo - continua lo scrittore - quanto deve essere pesato anche a loro vivere blindati con me, sentendo quest’infinito cachinno addosso ma con la necessità di dover presidiare ogni spazio. Mentre scrivo mi chiedo perché io stia condividendo questi pensieri con voi... Non so se credere ancora che, dopo 15 anni di reclusione e merda, e fango, e attacchi valga ancora la pena condividere quello che vivo e che provo; non so più nemmeno se per me potrà mai cambiare qualcosa. Quello che ti è stato tolto non torna, inutile pensare che ci sia il tempo di rimediare. Non sono in grado nemmeno di dirmi che ne è valsa la pena perché avevo solo 26 anni e ora, se mi fosse concesso un desiderio, chiederei solo questo: poter camminare libero. Null’altro".

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