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Scalzone: "Ora amnistia"

14 gennaio 2019 | 14.16
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(Fotogramma)
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“Chiusura di un’epoca? Più che altro, per chiusura si intende nelle intenzioni o velleità di LorSignori la chiusura delle porte di una cella dietro qualcuno, un essere umano, che secondo loro dovrebb'essere destinato a cent'anni di solitudine. Altro che 'voltar pagina'. Qui si parla di catenacci, ergastolo, che adesso va di moda voler rendere reale, effettivo, fino a morte definitiva. Fino a morte, esito di una lunga agonia, morte centellinata ogni giorno, come nelle canzoni di Dalla e De André”. A parlare all’Adnkronos dopo la cattura in Bolivia di Cesare Battisti è Oreste Scalzone, co-fondatore di Potere Operaio, da sempre strenuo difensore dei terroristi rossi che con lui soggiornarono impuniti a Parigi grazie alla copertura delle autorità francesi.

"Se manteniamo un minimo di senso corrente delle parole, le epoche non si chiudono mai - argomenta Scalzone - Siamo in presenza di persone che non vogliono chiudere proprio niente, e men che mai con la 'riconciliazione' blaterata e vagheggiata da tante 'AnimeBelle'. Ci sono esempi anche recenti nella Storia, in cui i poteri costituiti hanno ritenuto che, nell'interesse loro e dell'ordine sociale costituito, bisognasse 'voltar pagina', con un 'oblìo giudiziario', 'rinuncia alla pena', com'è scritto nei loro testi, in dottrina giuridica, conchiudere decenni di conflitti sanguinosi: e quando ritenevano di farlo la via maestra era quella di misure di amnistia, indulto, grazia, prescrizione, perfino depenalizzazione".

"Certo - prosegue Scalzone - non ci si può 'riconciliare' a futura memoria, per conto d'altrui, ipotecando gli 'oggi' che verranno... Ma quando si voleva all'occorrenza solo buttare fumo negli occhi, si finì per fare come nel lungo corso della Rivoluzione francese, con addirittura una legge sul 'dovere di oblìo', o nella terza repubblica, dopo aver schiacciato nel sangue la Comune di Parigi: con un’amnistia. Dopo la stria di sangue della vicenda dell'indipendenza dell'Algeria, dopo un milione di morti e massacri varî anche da ogni lato, de Gaulle decise di 'chiudere', e lo fece con 4 successive amnistie... Vennero amnistiati tutti, compresi quelli che avevano attentato alla sua vita. O prendiamo il caso della Commissione verità e libertà nel Sudafrica dell'era Mandela. Poi, se si afferma di voler 'voltar pagina e chiudere con una riconciliazione un capitolo lungo decenni', si istituisce una tavola sottratta all'ipoteca e al ricatto penale”.

"Più di recente, il vituperato Cossiga parlava nei suoi codici linguistici di 'grande pentimento', perché ognuno aveva da amnistiare qualch'altro... - ricorda Scalzone - ma questo è stato completamente cancellato dall'immaginario da almeno 20-25 anni. Per tutte queste ragioni e molte altre sulla possibilità di un'amnistia sono molto pessimista. Ma mai dire mai, possono sempre verificarsi contro-terremoti antropologici".

"Chi sia passato per una galera non può che avere un'angoscia fisica per l'essere umano, essere vivente, preso e destinato a catene, catenacci e muraglie - dice Scalzone - Battisti era un ragazzino, sconosciuto ai più anche nei movimenti in quegli anni. Un adolescente forse iperattivo, pieno di vita, presto divenuto ribelle. Insomma, un 'rivoltoso medio'. L’ho conosciuto a Parigi, negli incroci e frequentazioni fra tutti e tutti di questa micro-società fuggiasca e riparata su una zattera precaria, e anche quanto mai rissosa, ancor prima che diventasse uno scrittore celebre e celebrato in una sorta di melange di elementi autobiografici e fantastici, fantasmatici".

"Ritengo che purtroppo le logiche di editoria e spettacolo lo abbiano sospinto a mettere in circolazione una sorta di ‘doppio’ ipertrofico del sé reale - sottolinea - È diventato così una sorta di simbolo, per certuni ‘mitico’, per cert'altri mostruoso. Il rischio, è stato quello di cedere al sollecitato compiacimento, di lasciarsi cristallizzare nella figura, prima del Maudit, 'maledetto', poi dell’incarnazione del perseguitato come ‘Nemico Pubblico numero 1', dell’ideal-tipo dell’Innocente, del martire…".

"Ah, se avesse avuto la lucidità tranquilla di non lasciarsi estorcere mai una confessione d'innocenza… Se avesse rifiutato di subire il rovesciamento dell’onere della prova e della intimazione perversa a dover dimostrare la propria innocenza!", si rammarica Scalzone. Certo, ammette l'ex leader di PotOp, "tutto questo sarebbe forse ‘sovrumano’: epperò, l’esito tristissimo è finire un po’ come il Generale della Rovere, a subire alla fine un’estradizione oltretutto a vario titolo anche 'illegale’, che calpesta principî e trattati dell’'ordine giuridico internazionale’, e porta alla ribalta abietti sovrastanti e 'servi dei servi dei servi dei servi', che sono poi sempre ‘servo/signori’.... Un regime che i Greci chiamavano 'oclo-crazia', un circuito vizioso di dipendenze e di vendette trasversali in conto proprio e altrui… Il precedente che hanno costituito è come una dose d’eroina in una addiction tossicomane: ne comincerà a centellinare da oggi gli effetti chi canta vittoria... Scommettiamo?".

"Quelli che vociferano dai pulpiti istituzionali sono 'irriferibili'... - dice Scalzone - A cominciare dal ministro della guerra interna di turno, l'orrido Salvini. Battisti - come qualunque altra persona non 'colta sul fatto', atto o scritto considerato reato di parola irrevocabilmente stampata e firmata - resterà sempre 'presunto' autore di questo e quello, eventualmente inscritto in un codice penale come delitto o crimine. Uno statista, governante, a cominciare da un ministro della guerra, esterna o interna, è apertamente, ufficialmente, per funzione, per ruolo, responsabile di sangue sparso in misura vertiginosamente più grande".

“'Non si governa senza crimine', è scolpito, quale ne sia l'intenzione dell'autore, nel Principe di Machiavelli - aggiunge Scalzone - Non si decide su vita e destino altrui, non si presiede uno Stato, non si siede in un consiglio di amministrazione, non si esercitano poteri economici, tecnici, scientifici, governamentali, geo-strategico-politici, poteri costituiti. Poteri costituiti di ogni tipo, sotto qualsiasi bandiera, colore, mistica, narrazione di futuro, senza avere una quantità vertiginosa di sangue, sparso, in corso di spargimento, da spargere, sotto la pelle delle proprie mani...".

Sento compagni lamentare una rimozione, un buco, un silenzio steso su quegli anni. Ma non è così, è assai peggio - continua Scalzone - Nel diritto romano esisteva la damnatio memoriae, qui non hanno dimenticato un solo giorno, si è continuato a rinvangare, a rimestare nei talk show, sui giornali, nella politica... E tutto questo nella sfera pubblica, come dire, mainstream ha trovato un punto di coagulo in quella che potremmo chiamare la 'vittimolatria', ipertrofizzando una sorta di colossale super io collettivo che sono le vittime, quelle che nell'arido linguaggio giudiziario si chiamano le parti lese".

"Ma nel processo, come definito nella 'loro' dottrina e ordinamento giuridico - sottolinea Scalzone - la parte civile è una parte, appunto. E invece oramai è diventata predominante su tutto il resto la percezione soggettiva del parente della vittima, ridotto a dire 'sto soffrendo' come e più del primo giorno perché qualcuno esce dal carcere, a fine pena, dopo 25 anni. Stimolati a viva forza, in qualche modo moralmente spremuti e violentati, ai parenti delle vittime si è impedito di elaborare il lutto. Li si è inchiodati, con loro connivenza attiva, certo, il che è 'umano, troppo umano....', ad essere 'Vittima' per tutta la vita, a incarnare le Erinni dell'Orestea... Stimolandone una sorta di mutazione genetica, li si è ridotti a zombi, che vivono in un passato che non è neanche il loro".

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