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Italiani scoprono nuovo 'bersaglio' per far morire cancro di fame

04 settembre 2014 | 19.03
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Italiani scoprono nuovo 'bersaglio' per far morire cancro di fame

(Adnkronos Salute) - A volte, se non si può mirare dritto al cuore, paga di più lavorare il nemico ai fianchi. Puntando, per esempio, a tagliargli i viveri. E' la strategia seguita da un team di scienziati italiani che ha scoperto un nuovo promettente bersaglio per bloccare il cancro facendolo 'morire di fame'. Si tratta di una molecola del sistema nervoso - L1 - espressa anche sulla superficie endoteliale dei vasi sanguigni che alimentano le cellule tumorali. Inattivarla, attraverso anticorpi o altri approcci, ne rallenta sensibilmente la crescita. Una reinterpretazione in medicina della tattica militare dell'accerchiamento.

La scoperta, al centro di uno studio dell'Istituto europeo di oncologia (Ieo) di Milano apparso sull'anteprima online del 'Journal of Clinical Investigation', riapre dopo anni di silenzio il capitolo dei farmaci anti-angiogenetici, diretti a impedire la formazione di nuovi vasi sanguigni che favoriscono la crescita del tumore nutrendolo. Secondo le conclusioni dello studio coordinato da Ugo Cavallaro, ricercatore del programma di Medicina molecolare dell'Ieo, bersagliare l'L1 vascolare andrebbe ad aggiungersi alle poche terapie anti-angiogeniche al momento disponibili (come il noto bevacizumab), in gran parte basate sull'inibizione del fattore di crescita vascolare Vegf.

In pratica aumenterebbe le vie alternative a un attacco diretto al gene alterato nelle cellule cancerose, responsabile del processo di formazione del tumore. "I nostri risultati dimostrano che non solo questa molecola è presente in modo abbondante e specifico nei vasi sanguigni tumorali, mentre è quasi assente in quelli normali - spiega Cavallaro - ma anche che rappresenta un potenziale target terapeutico nel contesto di trattamenti diretti ai vasi stessi".

L'inattivazione di L1 riduce la vascolarizzazione e induce la 'normalizzazione' dei vasi tumorali, con modifiche strutturali e funzionali che migliorano il flusso sanguigno all'interno del tumore. "Anche se dal punto di vista terapeutico l'idea di rendere più funzionale la rete vascolare di un tumore può sembrare paradossale, in realtà - precisa lo scienziato - questo approccio potrebbe risolvere un problema molto comune nell'ambito delle chemio convenzionali, cioè la scarsa penetrazione dei farmaci in tutte le aree del tessuto neoplastico. Si otterrebbe dunque un doppio effetto: blocco della vascolarizzazione e potenziamento della chemioterapia o di altri trattamenti anti-tumorali".

L'identificazione di un bersaglio diverso da Vegf, fa notare Cavallaro, "riaccende speranze concrete in un'area che, dopo gli entusiasmi iniziali, sembrava quasi dimenticata. La scoperta delle caratteristiche di L1 conferma che cambiare strategia e bersagliare l'ambiente tumorale invece che il tumore (o bersagliarli entrambi) può essere un approccio vincente. Abbiamo trovato un nuovo target 'ambientale', un potenziale nuovo farmaco anti-angiogenetico. Ed essendo sulla superficie esterna delle cellule endoteliali, possiamo pensare di usarlo come 'punto di attracco' per altre sostanze terapeutiche come isotopi radioattivi o anticorpi". I risultati sono stati ottenuti nel modello animale. Le prossime fasi della ricerca prevedono il passaggio all''avatar' - tumori umani che crescono nell'animale - e poi all'uomo, dove l'intenzione è di sperimentare anticorpi che bloccano L1.

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