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Scuola: la precaria sarda, tradita dopo 30 anni di supplenze, casa mia non la lascio

15 settembre 2015 | 12.11
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La protesta dei precari sardi all'aeroporto
La protesta dei precari sardi all'aeroporto

"Dopo una vita nella scuola, 30 anni, la tanto attesa e annunciata stabilizzazione con la buona scuola, si è rivelata 'il solito bluff' per migliaia di docenti precari sardi: un tradimento". La pensa così Cristiana Verazza, docente di musica dal 1986, insegnante prima nella scuola paritaria dei Padri Scolopi di Sanluri, il suo paese nella provincia del Medio Campidano.

"Se dovessi dare un titolo alla mia storia - dice all'Adnkronos - potrei azzardare un ‘precaria fino alla pensione’. Ho iniziato la mia carriera di insegnante nell'Istituto degli Scolopi freschissima di Conservatorio”, racconta Verazza, che nel 1990 mise le carte in regola per essere una docente a tutti gli effetti. Per dieci anni però le graduatorie restarono blindate, le immissioni in ruolo “furono pochissime perché i posti per gli insegnanti di musica specializzati erano stati tutti occupati da uno sciame di professori senza alcun titolo musicale, passati di ruolo nella scuola media con la Legge 270 del 1982 - spiega - Molti colleghi musicisti decisero allora di specializzarsi sul sostegno e grazie a quell'escamotage sono stabilizzati ormai da anni”.

Nel 2000 sono state riaperte le graduatorie: "all'epoca, il ministro dell'Istruzione Berlinguer decise che chi aveva insegnato nelle scuole paritarie doveva restare in 3^ fascia, una maledizione ingiustificata che ancora oggi mi porto addosso. Le fasce esistono fino a un certo punto, ma quando deve essere inserito qualche concorsista o riservista, anche senza un giorno di insegnamento, questi viene inserito in 2^ fascia, passando davanti a una carriera scolastica quasi trentennale come la mia”.

“Lo Stato, per molti anni, non mi ha proposto alcun incarico annuale – prosegue Cristiana Verazza - ma fortunatamente ho lavorato in modo continuativo nella scuola paritaria maturando oltre all'esperienza il punteggio. Ho vissuto da precaria tutta la vita, ho lavorato con progetti come esperto musicale esterno nella scuola primaria, ho realizzato laboratori in vari istituti e imparato altri mestieri che mi hanno aiutata a sbarcare il lunario e arricchita come persona. Ormai insegno continuativamente nella statale da 15 anni e sempre per incarico a tempo determinato: per me lo stipendio estivo è una chimera, la malattia pagata per intero idem”.

L’insegnante si sente tradita dalla Buona Scuola: “Sono state tradite le aspettative di un'intera classe docente che ha supportato e salvato la scuola stessa, portando spesso una ventata di aria fresca in organici ormai spenti. E questo lo si sa. Anche abbastanza bene. L'obbligo di pagare la sanzione alla Comunità Europea per abuso di precariato era un onere che lo Stato non poteva permettersi, ecco il perché di tanta fretta e ‘sciattaggine’ nel riformare: poco importa se a pagarne lo scotto sono i docenti. In Sardegna il problema è stato ancora più drastico”.

Anche il Papa durante l'Angelus di domenica ha commentato la situazione dei precari sardi “auspicando che i problemi legati al mondo del lavoro tenessero seriamente conto delle esigenze della famiglia. Io quest'anno sono salva grazie a una supplenza. Se per l'anno 2016/2017 sarò chiamata a partire verso qualsiasi altro luogo diverso da quello in cui ho sempre insegnato, rinuncerò. E perderò i miei quasi 30 anni di insegnamento. Non è forse un tradimento questo?”.

“Come lo vogliono chiamare i vari ed eventuali politici che scaldano la poltrona mentre il mio futuro viene messo alla berlina da giochi dell'ultima ora? Non è forse legittimo – si domanda la musicista precaria a vita - chiedere di rimanere nella propria terra con i propri affetti, con la propria vita che seppur a piccoli passi si è riusciti a creare? Oppure è da biasimare? E' questa la flessibilità che ci viene chiesta dopo 30 anni di professione? E allora – conclude rassegnata - vada pure per la pensione da precaria. Amen”.

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