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Mo: Lavrov, il negoziatore di Mosca di casa a NY

13 dicembre 2014 | 19.03
LETTURA: 3 minuti

E' il ministro degli Esteri di sempre di Vladimir Putin, che lo ha nominato a capo della diplomazia nel 2004. Pur avendo dato voce alla dottrina della politica estera di Mosca, ha uno stile completamente diverso da quello del presidente russo e, diplomatico di carriera, non fa parte del suo cerchio magico.

Sergei Lavrov
Sergei Lavrov

Sergei Lavrov è il ministro degli Esteri di sempre di Vladimir Putin che lo ha nominato alla guida del 'Mid' nel 2004. Pur avendo dato voce alla dottrina della politica estera di Mosca sin dalla guerra della Nato per il Kosovo, ha uno stile completamente diverso da quello del presidente russo e, diplomatico di carriera, non fa parte del suo cerchio magico.

Ha trascorso molto tempo negli Stati Uniti, dove ha vissuto per 18 anni (in missione al Palazzo di Vetro dell'Onu dal 1981 al 1988, è tornato a Manhattan come rappresentante permanente di Mosca all'Onu nel 1994 per rimanervi fino al ritorno a Mosca da ministro) e si muove con grande scioltezza nei salotti americani, un bicchiere di whiskey e un sigaro in mano, così come in Russia o in Medio Oriente. Lavrov, che ha 64 anni e si è formato alla scuola della diplomazia sovietica del MGiMo di Mosca, dove si è laureato nel 1972, è considerato elegante, brillante e anche molto tagliente. E soprattutto un abile negoziatore, che è sempre stato in grado di comunicare, anche nei momenti di maggiore crisi, con le sue controparti americane, che è comunque riuscito a far infuriare (in molti lo chiamano 'Mister Nyet'), e in particolare con John Kerry.

E' stato il portavoce della diversità di Mosca e dei valori che la Russia porta nel teatro delle relazioni internazionali, della difesa della stabilità contro ogni rivoluzione o primavera, contro quello che ha sempre denunciato come l'unilateralismo di Washington, lo sforzo americano di esportare democrazia. E' stato lui a dare voce al pensiero di un fronte alternativo a quello, prevalente negli anni successivi al crollo dell'Urss, euroatlantico. Aveva difeso la posizione di Mosca contro l'interventismo americano in Kosovo e, nel 2003, in Iraq rivendicando sin dall'inizio della crisi dell'Is in Mesopotamia, la posizione di Mosca contraria a interventi militari in Medio Oriente a cui va ricondotta, ha sempre detto, la situazione attuale. Ed è proprio il Medio Oriente, dal nucleare iraniano alla Siria e all'Iraq, il teatro del suo dialogo mai interrotto con gli Stati Uniti.

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