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'Giorno della memoria'

Shoah, Emanuele Filiberto: "Chiedo perdono a nome di tutta la famiglia Savoia"

22 gennaio 2021 | 20.19
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Il principe lo fa in una lettera alla Comunità ebraica "nel ricordo di quelle sacre vittime italiane"

Foto Ipa/Fotogramma
Foto Ipa/Fotogramma

Il principe Emanuele Filiberto di Savoia chiede "ufficialmente e solennemente perdono" alla comunità ebraica per lo sterminio nazista. Lo fa in una storica lettera scritta a nome della famiglia Savoia, letta al Tg5 delle 20. Il Principe, a pochi giorni dalla 'Giornata della Memoria' chiede scusa per le leggi razziali firmate da Re Vittorio Emanuele III, suo bisnonno.

"Mi rivolgo a tutti voi, fratelli della Comunità ebraica italiana, per esprimervi la mia sincera amicizia e trasmettervi tutto il mio affetto nel solenne 'Giorno della Memoria'. Vi scrivo a cuore aperto una lettera certamente non facile, una lettera che può stupirvi e che forse non vi aspettavate. Eppure sappiate che per me è molto importante e necessaria, perché reputo giunto, una volta per tutte, il momento di fare i conti con la Storia e con il passato della famiglia che oggi sono qui a rappresentare, nel nome millenario di quella casa reale che ha contribuito in maniera determinante all'unità d'Italia, nome che orgogliosamente porto", si legge nella missiva.

"Scrivo a voi, fratelli ebrei, nell'anniversario della liberazione del campo di concentramento di Auschwitz, data simbolo scelta nel 2000 dal parlamento della Repubblica italiana, a memoria perpetua di una tragedia che ha visto perire per mano della follia nazi-fascista 6 milioni di ebrei europei, di cui 7500 nostri fratelli italiani -scrive Emanuele Filiberto-. E' nel ricordo di quelle sacre vittime italiane che desidero oggi chiedere ufficialmente e solennemente perdono a nome di tutta la mia famiglia. Ho deciso di fare questo passo, per me doveroso, perché la memoria di quanto accaduto resti viva, perché il ricordo sia sempre presente".

"Condanno le leggi razziali del 1938, di cui ancor oggi sento tutto il peso sulle mie spalle e con me tutta la Real Casa di Savoia e dichiaro solennemente che non ci riconosciamo in ciò che fece Re Vittorio Emanuele III: una firma sofferta, dalla quale ci dissociamo fermamente, un documento inaccettabile, un’ombra indelebile per la mia Famiglia, una ferita ancora aperta per l’Italia intera", scrive Emanuele Filiberto.

"Condanno le leggi razziali - prosegue il Principe - nel ricordo del mio glorioso avo Re Carlo Alberto che il 29 marzo 1848 fu tra i primi Sovrani d’Europa a dare agli italiani ebrei la piena uguaglianza di diritti. Condanno le leggi razziali nel ricordo dei numerosi italiani ebrei che lottarono con grandissimo coraggio sui campi di battaglia dell’Ottocento e del primo Novecento da veri Patrioti. Condanno la firma delle leggi razziali nel ricordo della visita alla nuova Sinagoga di Roma che proprio mio bisnonno Vittorio Emanuele III fece nel 1904, dopo che il 13 gennaio dello stesso anno si disse addirittura favorevole alla nascita dello stato ebraico e così si espresse: 'gli ebrei, per noi, sono Italiani, in tutto e per tutto'".

"Desidero che la Storia non si cancelli - precisa Emanuele Filiberto - che la Storia non si dimentichi e che la Storia abbia sempre la possibilità di raccontare quanto accaduto a tutti coloro che hanno fame e sete di verità. Le vittime dell’Olocausto non dovranno mai essere dimenticate e per questo motivo, ancor oggi, esse ci gridano il loro desiderio di essere giustamente ricordate. Anche la mia Casa ha sofferto - ammette - in prima persona, sebbene per motivi politici, ed è stata ferita profondamente negli affetti più cari: come potremmo dimenticare la tragica fine di mia zia Mafalda di Savoia, morta il 28 agosto 1944 nel campo di concentramento di Buchenwald dopo un’atroce agonia?".

"Come potrei dimenticare che anche mia zia Maria di Savoia - ricorda Filiberto - fu deportata con il marito e con due dei loro figli in un campo di concentramento vicino a Berlino? Ed entrambe erano figlie sempre dello stesso Vittorio Emanuele III. Scrivo a voi fratelli Ebrei, con viva e profonda emozione nel lancinante ricordo del rastrellamento del Ghetto avvenuto il 16 ottobre 1943".

"Scrivo a voi fratelli Ebrei - si legge nella lettera di scuse - nell’angoscioso ricordo delle troppe vittime che la nostra amata Italia ha perso. Scrivo a voi questa mia lettera, sinceramente sentita e voluta, che indirizzo a tutta la Comunità italiana, per riannodare quei fili malauguratamente spezzati, perché sia un primo passo verso quel dialogo che oggi desidero riprendere e seguire personalmente. Con tutta la mia sincera fratellanza", conclude Emanuele Filiberto.

IL PRINCIPE: "ORA POSSIAMO RIAPRIRE DIALOGO"

"Sento il bisogno di scriverla questa lettera, è una ferita che ho sempre avuto nel cuore e ritengo che sia ora di prendere le mie responsabilità e di poter scrivere questa lettera alla comunità ebraica e chiedere perdono. Perdono per quell'atto orribile, osceno e la firma di Vittorio Emanuele III di quelle infami leggi razziali. Vittorio Emanuele III era il re di tutti gli italiani e dunque, come un padre con i suoi figli, avrebbe dovuto prendersi cura di tutti gli italiani". Così il principe Emanuele Filiberto spiega al Tg5 le motivazioni che lo hanno portato a scrivere la storica lettera in cui chiede perdono per le leggi razziali firmate da Re Vittorio Emanuele III, suo bisnonno. "Vedere la sua firma su queste leggi è un grande dolore - spiega - per me e per casa Savoia. Credo che qualche volta bisogna guardare al passato, analizzarlo e tirare fuori propri sentimenti. E' quello che oggi ho voluto fare, chiedo perdono oggi ma non mi aspetto il perdono". "Voglio solo dire alle comunità ebraiche che possiamo oggi ricominciare un dialogo importante insieme e guardare insieme al futuro", conclude.

AMEDEO DI SAVOIA-AOSTA: "CHIESI PERDONO 10 ANNI FA"

"Mi sembrava una cosa naturale. Io lo feci già 10 anni fa, chiesi perdono per quella che poteva essere la mia parte di responsabilità. Con la lettera del principe Emanuele Filiberto, adesso la famiglia e al completo". Lo ha detto all'Adnkronos Amedeo di Savoia-Aosta, commentando la storica lettera scritta dal principe Emanuele Filiberto a nome della famiglia Savoia, rivelata al Tg5 delle 20, in cui il Principe chiede perdono per le leggi razziali firmate da Re Vittorio Emanuele III, suo bisnonno. "Reazioni? Su questo argomento c'è chi la pensa in un modo e chi in un altro. Finché dura la libertà, siamo contenti", ha aggiunto.

LE REAZIONI

"Un gesto nobile, importante, con le sue parole Emanuele Filiberto di Savoia si dissocia definitivamente dall'orrore delle leggi razziali", ha detto all'Adnkronos il marchese Giuseppe Ferrajoli commentando le parole di Emanuele Filiberto. Ed ha aggiunto: "Seguo sempre sui social e su facebook Emanuele Filiberto, è un uomo moderno, soprattutto sincero. E lo è stato pure in questa occasione. Nessuna retorica nelle sue parole. E poi Emanuele Filiberto è molto vicino alla comunità ebraica che frequenta a Monte Carlo, a Gstaad, negli Stati Uniti, amico di esponenti e rappresentanti di altissimo livello".

"Nell’anno in cui siamo, 2021, che un europeo, un italiano e persona degna consideri le leggi razziste italiane una vergogna e un abominio mi sembra dovuto e naturale. Se, invece, parliamo di perdono questo è sempre individuale. Avrebbe dovuto chiederlo Vittorio Emanuele III che ebbe tempo di farlo, ma scelse di non farlo", è invece il parere di Ricardo Franco Levi. "La questione non è il perdono e neppure è una questione in sé della famiglia perché è una famiglia ha una storia anche diversa, è la famiglia che diede l’emancipazione agli ebrei italiani - osserva il presidente dell'Aie - Per cui questa è una responsabilità personale di Vittorio Emanuele III di cui lui non si pentì mai in vita con tutte le drammatiche, disastrose e orribili conseguenze che ciò ebbe e che ora Emanuele Filiberto riconosce, ma non è una questione né di chiedere né di concedere perdono".

“Sono contenta che Emanuele Filiberto abbia chiesto scusa, per quello che vale ora chiedere scusa. Ma perché adesso e non un anno fa, oppure sei ani fa?”, le parole di Andrée Ruth Shammah, direttrice del teatro Franco Parenti di Milano. “Per lui, mi sembra - aggiunge - una bella cosa anche se voglio capire bene l’autenticità di questa sua lettera. Cosa è successo in lui per spingerlo ora a chiedere scusa e non averlo fatto un anno fa o sei anni fa. Quello che mi spiazza è questo. Non potendo valutare la profondità e la sincerità di questa posizione, credo che, se autentica, è una bella cosa".

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