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Sileri: "Zone rosse istituite anche da governatori e sindaci"

12 giugno 2020 | 10.42
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Il viceministro: "La legge lo consente, più di 100 quelle istituite per necessità"

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Nel pieno dell'emergenza coronavirus, "zone rosse furono stabilite anche da governatori e sindaci. Furono più di 100 le zone rosse stabilite per necessità. Ricordiamoci che la legge che ha istituito il Servizio sanitario nazionale, con l'articolo 32, consente l'istituzione di zone rosse". Lo ha affermato il viceministro della Salute, Pierpaolo Sileri, a 'Omnibus' su La7 in merito alla mancata istituzione della zona rossa ad Alzano e Nembro, vicenda al centro di un'inchiesta nell'ambito della quale vengono ascoltati oggi dai pm di Bergamo come persone informate dei fatti il premier Giuseppe Conte e i ministri della Salute e dell'Interno, Roberto Speranza e Luciana Lamorgese. "Lasciamo lavorare gli inquirenti", ha detto Sieri, sottolineando comunque che "il Governo i primi di marzo stava lavorando, e questo è un fatto, alla trasformazione della Lombardia prima in zona arancione e poi successivamente al blocco completo dell'Italia fra l'8 e il 9 marzo".

"Come ministero della Salute - ha continuato il viceministro -, fin da subito abbiamo spinto a dire il vero per la chiusura non di un comune, ma dell'intera Italia. Cosa che poi è avvenuta". Quanto al Governo, già "i primi di marzo stava lavorando, e questo è un fatto, alla trasformazione della Lombardia prima in zona arancione e poi successivamente al blocco completo dell'Italia fra l'8 e il 9 marzo".

"Dopo il 21 febbraio", giorno in cui da Codogno nel Lodigiano arrivò la notizia del 'paziente 1' dell'epidemia di nuovo coronavirus in Italia, ha ricordato Sileri, "tutta la valutazione era in mano all'Istituto superiore di sanità e al Comitato tecnico scientifico che raccoglievano i dati e davano delle indicazioni. Indicazioni che sono arrivate forte e chiaro il 5 marzo. Già si pensava da prima alla chiusura della Lombardia come area arancione, poi alla fine c'è stata la chiusura completa. Oggi col senno di poi è tutto molto più semplice - ha commentato il viceministro - come è molto più semplice controllare dei focolai" di Sars-CoV-2.

Per Sileri, la sanità italiana ha bisogno di investimenti. "Già prima di Covid abbiamo investito più soldi. Ora è il momento di metterne molti di più. Quanti ne servono? Il più possibile. Venticinque o 30 miliardi" . "Non faccio riferimento al Mes. Ricordo che i tagli degli ultimi 10 anni sono stati di 37 miliardi", ha tenuto a sottolineare. Le risorse in campo al momento sono di "3,6 miliardi - ha ricordato Sileri - Di cui una parte importante serve per il mantenimento dei Covid hospital, perché non sapiamo se avremo o no una seconda ondata. E una parte significativa servirà per il territorio. Ma dovremmo aggiungere 20 o 25 miliardi per i prossimo anni".

Sileri ha sottolineato l'importanza di chiudere con la stagione dei tagli alla sanità degli anni passati. "Ce ne ricordiamo oggi che abbiamo avuto Covid. Ma i pezzettini di questo puzzle di carenze sono stati urlati dai medici, dagli infermieri, dai pazienti negli anni scorsi".

Molte le cose da ripensare, ma il punto di partenza secondo il viceministro è il personale. A partire dall'aumento degli stipendi, anche per far crescere la "fierezza di lavorare per il Ssn". La prima cosa che bisogna fare "è pensare agli uomini e alle donne perché Covid ha dimostrato che sono le donne e gli uomini a fare il Ssn". Non si può "pensare che vengono fatte azioni penali contro di loro, che vengono di nuovo aggrediti nei pronto soccorso e altrove, o che hanno gli stipendii più bassi d'Europa".

Se "non sistemiamo quest'aspetto non possiamo ripartire. Perché "ci sarà sempre qualcuno che, finita la Scuola di specializzazione, non entrerà nel Ssn o lo abbandonerà subito dopo", ha precisato Sileri elencando tra le priorità per la sanità anche l'innovazione e i costi standard, perché è giusto "dare risorse a chi lavora meglio in un'ottica di sana concorrenza", ha concluso.

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