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Silvia Romano, Cecilia Strada: "Sua colpa essere diversa da haters"

11 maggio 2020 | 15.47
LETTURA: 2 minuti

L'attivista all'Adnkronos: "C'è anche un problema di sessismo ed islamofobia"

Foto Fotogramma
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Di Sibilla Bertollini
I messaggi social degli odiatori da tastiera contro Silvia Romano? "Dovevamo aspettarcelo: non è la prima volta che si scatena o si aizza l'odio contro chi sostanzialmente non è colpevole di nulla se non di essere diversa dagli haters". Così all'Adnkronos Cecilia Strada, attivista per i diritti umani ed ex presidente di Emergency. Legato all'hate speech, "penso vi sia anche un problema di sessismo: una donna che passa attraverso un'esperienza devastante come un sequestro - osserva Strada - addirittura perde identità, il cognome. Quando viene rapita una donna diventa Silvia, Vanessa, Simona. La stessa cosa non succede con gli uomini. Perché? Una volta liberata, scendendo dalla scaletta dell'aereo stiamo lì a giudicare come è vestita, cosa impensabile per un uomo che ha vissuto una vicenda analoga. C'è una morbosità su fatti personali, sul corpo, che investe in genere le donne".

Non solo "un po' di malafede, ignoranza, ristrettezza di vedute in chi indica ai propri fan il bersaglio dell'odio" ma probabilmente, sottolinea la figlia di Gino Strada, "anche invidia nei confronti di persone che svolgono attività che altri, specie i 'leoni da tastiera', non hanno il coraggio di fare. Ovvero essere persone libere, andare lontano, non immaginando minimamente cosa possa significare. Una limitatezza di vedute che dispiace". Bisognerebbe spiegare loro che "potrebbero scoprire che è molto più gratificante scrivere una gentilezza o un messaggio di sostegno, piuttosto che una cattiveria: dà sensazioni molto più forti che non l'adrelina da tastiera credendo di cantarne quattro a cappuccetto rosso".

"'Traditrice perché si è convertita all'Islam'. Resto basita da certi pensieri. Oltre a preoccupare - secondo Cecilia Strada -, il tema dell'islamofobia ha un corollario molto pericoloso. Non si può descriverla come una 'poverina, piegata dalla prigionia'. Perché l'unica che ha diritto di parlare è lei. E se la si riduce a vittima piegata, cosa potrà mai dire quando parlerà? Sarà comunque una vittima piegata. Silvia Romano ha passato 18 mesi d'inferno, perché la privazione della libertà è l'inferno ma lei non è affatto 'poverina'. Anzi. Lei è stata forte, lei ha resistito, lei è tornata a casa. Chi più di tutti ha riportato Silvia Romano a casa è lei, il suo coraggio. Renderla vittima di una eventuale scelta "mi fa paura perché significa continuare a toglierle il diritto di parola. E la sua libertà".

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