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Siria: australiani ai vertici dei gruppi jihadisti

18 febbraio 2014 | 11.39
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Siria: australiani ai vertici dei gruppi jihadisti

(Aki) - Ci sono anche alcuni australiani ai vertici dei gruppi legati ad al-Qaeda impegnati nel jihad in Siria. Lo rivela il quotidiano The Australian, spiegando che l'intelligence nazionale e quella di altri paesi hanno accertato la presenza di un piccolo gruppo di cittadini australiani in Siria, che occupaerebbe posizioni di potere nei gruppi jihadisti. Il procuratore generale di Canberra, George Brandis, ha ammesso che alcuni militanti australiani in Siria sono "piu' che soldati semplici". "C'e' un piccolo gruppo - ha spiegato - che riveste posizioni di dirigenza in verie forze anti-regime. Non tutti gli australiani nel paese sono soldati semplici".

La vicenda allarma non poco il governo di Canberra. The Australian rivela infatti che le autorita' del paese hanno annullato, da luglio a oggi, 33 passaporti australiani per motivi di sicurezza. Un dato di gran lunga superiore ai 18 passaporti annullati nei 12 mesi precedenti e ai sette annullati in quelli ancora precedenti. Per Brandis si tratta di un "indicatore" della gravita' della minaccia posta dai jihadisti partiti per la Siria. In forte aumento anche il numero di australiani che partono per la Siria, che secondo Brandis dimostra l'esistenza di una rete "sofisticata" che ha permesso di "formare e reclutare cosi' tanta gente in un lasso di tempo cosi' breve".

Il numero degli australiani impegnati nella guerra siriana, secondo le stime dell'intelligence nazionale, oscilla tra i 120 e i 150. Si ritiene che molti di loro combattano tra le file di due dei gruppi piu' spietati tra quelli attivi nel paese arabo: il Fronte al-Nusra e lo Stato islamico dell'Iraq e del Levante, entrambi legati ad al-Qaeda. L'accertamento dell'esistenza di almeno un australiano ai vertici del Fronte al-Nusra ha permesso di scoprire una rete molto piu' ampia di jihadisti partiti da Canberra. "L'Australia e' uno dei principali paesi di origine di combattenti stranieri impegnati in Siria", ha spiegato Brandis, parlando di una "seria preoccupazione" che il loro rientro in patria possa contribuire a diffondere nel paese l'ideologia estremista e jihadista.

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