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Sisma 2016, nel cratere 290 aree a rischio idrogeologico

09 febbraio 2021 | 14.50
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Ricostruire o delocalizzare, la scelta dipende dalle garanzie di sicurezza. Ci sono 295 frane che oggi interferiscono con le aree di ricostruzione. Per decidere, viene avviato uno studio che sarà pronto entro 6 mesi

Sisma 2016, nel cratere 290 aree a rischio idrogeologico

Ci sono 290 aree interessate dai dissesti idrogeologici che insistono su alcuni centri urbani del cratere del sisma del 2016; 295 le frane che interferiscono oggi con le aree di ricostruzione, tra frane avviate ex novo dal terremoto e frane già note e riattivate dalle scosse. Insomma, ci sono territori che devono essere esclusi dalla ricostruzione, altri in cui si potrà farlo in sicurezza, ma serve uno studio accurato dei rischi e dei fenomeni. Per questo si avvia uno studio che completi la mappa della ricostruzione, e che stabilisca definitivamente dove ricostruire e dove no, attraverso l'accordo siglato oggi il Commissario Straordinario Ricostruzione Sisma 2016 Giovanni Legnini e il segretario generale dell'Autorità di bacino distrettuale dell'Appennino centrale Erasmo D'Angelis, con il coinvolgimento di Ispra e delle Università del territorio.

Uno studio che, "pronto entro 5-6 mesi" come assicura D'Angelis, per Legnini sarà alla base di una decisione che può essere dolorosa: quella di delocalizzare o meno. "Una volta ricevuto lo studio - dice Legnini - definiremo dove si può o non si può ricostruire e quali opere di mitigazione del rischio idrogeologico. Abbiamo risorse importanti e finanzieremo importanti opere di contrasto al dissesto idrogeologico. Costruire altrove è una decisione dolorosa ma la prenderemo solo dopo aver saputo tutto ciò che c'era da sapere e tentato tutto il possibile per mettere in sicurezza quei luoghi. Dietro queste decisioni ci sono storie di comunità e di persone che non bisogna mai scordare".

E’ la prima volta che nell’ambito di una ricostruzione post sisma viene impostato un lavoro di analisi sistematica sulle aree dissestate che, se non studiate nel dettaglio, rappresentano un ostacolo insormontabile al reinsediamento della popolazione.

Nella ricostruzione "possiamo fare un salto di qualità. Questa è la prima area europea in cui c'è una conoscenza di tutti i rischi che non esiste in altri luoghi e dobbiamo estendere questo modello. Questo studio entra ancor più nel dettaglio: vogliamo andare a individuare, per una ricostruzione il più veloce e sicura possibile, le aree più a rischio, quelle a minor rischio, quelle in cui è possibile avviare velocemente la ricostruzione - dice D'Angelis - metteremo in campo un centinaio di tecnici e la nostra piattaforma tecnologica con controlli satellitari, sensoristica, controlli sul campo, l'esperienza di Ispra. Siamo un Paese in cui, su 12 milioni di edifici, ce ne sono tra i 4 e i 5 milioni che possono crollare anche per un sisma non importante. Abbiamo strumenti e risorse per metterci sicurezza. In pochi mesi consegneremo a Legnini un quadro chiaro del territorio".

Per Legnini, infatti, "dobbiamo improntare la nostra azione perseguendo l'obiettivo della sicurezza nella ricostruzione".

(di Stefania Marignetti)

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