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Call Center: Slc Cgil, 20mila addetti a rischio per immobilismo governo

08 maggio 2015 | 09.56
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Per il sindacato, "aziende che nel mondo sono diventate 'colossi', con decine di migliaia di dipendenti, decidono -prosegue il sindacalista- di arrendersi all’anarchia del mercato italiano che impedisce alle aziende strutturate e serie di operare rispettando le regole"

Call Center: Slc Cgil, 20mila addetti a rischio per immobilismo governo

Ventimila addetti nei call center italiani rischiano di perdere il posto di lavoro "per l'immobilismo del governo". E' la denuncia che arriva dalla Slc Cgil. "Con la decisione di Transcom e Teleperformance di dividere le loro filiali italiane in più società, separando le commesse buone e redditizie da quelle più esposte agli effetti nefasti dell’assenza di regole negli appalti del mercato dei call center, si sta ufficializzando -spiega Michele Azzola, segretario nazionale Slc Cgil- nei fatti l’uscita dal mercato italiano di due delle realtà più importanti nel business mondiale dei call center".

"Aziende che nel mondo sono diventate 'colossi', con decine di migliaia di dipendenti, decidono -prosegue il sindacalista- di arrendersi all’anarchia del mercato italiano che impedisce alle aziende strutturate e serie di operare rispettando le regole. Questo è il frutto dell’immobilismo di un esecutivo che non vuole far rispettare una propria legge in materia di regolamentazione delle delocalizzazioni dei servizi di call center e di tutela dei dati sensibili dei cittadini (l’art. 24 bis della Legge 134/12) per la quale si sono sprecati gli annunci di esponenti del governo e le risposte alle interrogazioni parlamentari che sono state smentite sistematicamente in quanto la legge non viene rispettata da nessuna azienda".

"Immobilismo -ricorda Azzola- derivante dalla soggezione del governo dinanzi alle lobbies dei grandi committenti che stanno avversando in tutti i modi una normativa sui cambi d’appalto nei call center, che avvicinerebbe l’Italia al resto d’Europa per impedire cambi di appalto che hanno come unico scopo il risparmio sul costo del lavoro (norma vietata in tutti i Paesi europei) e che permettono, grazie alle normative fortemente volute dal governo Renzi sul lavoro, di sostituire i lavoratori esistenti con lavoratori nuovi, meno costosi perché garantiti da sgravi contributivi che peseranno sulle casse dell’Inps nei prossimi anni".

"Decontribuzione e Job Acts sono norme che alterano gravemente la concorrenza di mercato -attacca Azzola- che creano l’effetto perverso di chiudere le aziende 'vecchie' per crearne di nuove con un costo del lavoro più basso per poter vincere le gare d’appalto aggiudicate con la logica del 'massimo ribasso', con buona pace del Tar del Lazio che invalida la gara Acea proprio a causa del ricorso a questa pratica".

"Governo e maggioranza, con lo slogan 'cambieremo l’Italia', pur essendo a conoscenza dei problemi del mondo dei call center, dei costi economici che graveranno sulle spalle della collettività e dei drammi sociali vissuti da migliaia di giovani lavoratrici e lavoratori, non sono stati in grado -continua Azzola- di dare risposte, limitandosi a nascondersi dietro la convocazione di un tavolo di crisi specifico che da mesi non viene più convocato e dal quale sindacati e aziende dei call center continuano a lanciare grida di aiuto". "Ma nella migliore tradizione italica, il governo -continua Azzola- si dimostra forte con i deboli e assolutamente appiattito sulle posizioni di chi, grazie a questo sistema allucinante per ogni Paese che si richiami a regole di mercato, continua a incassare lauti guadagni sulle spalle dei lavoratori e delle tasse degli italiani".

"In Italia, in questo momento sta accadendo -attacca Azzola- quanto segue: 186 lavoratori della sede di Call and Call di Milano andranno a casa il prossimo giugno; 360 lavoratori di Livorno hanno respiro sino a fine anno e poi saranno destinati al licenziamento; 2.000 lavoratori di Teleperformance devono scegliere fra decurtare per l’ennesima volta il proprio salario o essere abbandonati al proprio destino; 10.000 lavoratori di Almaviva hanno dovuto accettare un altro anno di contratti di solidarietà mentre la loro azienda continua a perdere commesse a causa delle continue richieste di ribasso; 1.800 lavoratori di E-care che per contribuire all’equilibrio dei conti della loro azienda devono 'prestare' i propri permessi che rivedranno fra tre anni".

E ancora "2.000 lavoratori di Infocontact che per continuare ad avere un posto di lavoro devono accettare il capestro di dimezzare le ore lavorative; 700 lavoratori di Gepin Contact ai quali verrà applicata una cassa integrazione onerossissima dietro la quale non si intravede nulla se non lo spettro della disoccupazione; 400 lavoratori della 4you Servizi che a breve finiranno gli ammortizzatori sociali e poi avranno davanti a loro nient’altro che il licenziamento".

"Stiamo parlando di 20.000 italiane e italiani, la generazione dei trentenni, ai quali questo Paese non ha offerto alcuna opportunità -continua Azzola - e ai quali oggi decide deliberatamente di sottrarre anche la speranza facendogli perdere l’unico lavoro che erano riusciti a trovare e con il quale si erano costruiti un futuro". "Per non parlare del pessimo servizio reso ai cittadini italiani che quando chiamano un call center hanno l’impressione di entrare in un girone dantesco dal quale non trovano mai le risposte che cercano", avverte.

"Il governo continui a festeggiare - dice - e brindare alle vittorie sulle riforme promesse. Nel mondo reale le persone si stanno rendendo conto, per l’ennesima volta, che chi li governa non è impegnato a spendere al meglio le risorse pubbliche, a tutelare i più deboli davanti allo strapotere di alcuni, di dare speranze e un futuro a chi, eroicamente, si sveglia ogni mattina e si reca sul proprio posto di lavoro per fare il proprio dovere". "Per questi -conclude Azzola- la luna di miele con il governo è già finita da un pezzo".

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