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Smart working, cosa cambia con il Dpcm

13 ottobre 2020 | 21.21
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(Fotogramma)
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Con il Dpcm “abbiamo mantenuto l’impianto dei decreti precedenti con la normativa che prevede che siano i dirigenti a individuare le attività da svolgere da qui a fine anno da remoto. Poi dipende dal livello di digitalizzazione e dal tipo di attività e all’interno di quelle che possono farlo si mette almeno il 50% del lavoro da remoto, per arrivare da gennaio al 60% con i piani organizzativi, i Pola". Lo ha detto il ministro della pubblica amministrazione, Fabiana Dadone.

"Un conto è stato lo smart working emergenziale durante il lockdwon, che comunque è servito a garantire i servizi quando il Paese era fermo ed ha rappresentato una riorganizzazione in una fase complessa che ha cmq permesso di tenere in piedi i servizi. Altra cosa accade in questa fase successiva: ora le imprese sono aperte e hanno bisogno del supporto della Pubblica amministrazione", ha aggiunto.

"Questa modalità di lavoro si basa sugli obiettivi e deve garantire un rapporto regolare delle imprese con la Pa. Inoltre voglio ricordare che sono stati sottoscritti protocolli di sicurezza per tutelare i lavoratori che entrano negli uffici", ha concluso.

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