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Soldatesse italiane contro afghane, a Herat il calcio promuove i diritti

28 marzo 2016 | 15.48
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Il Bastan Football Club sfida le soldatesse del contingente italiano ad Herat
Il Bastan Football Club sfida le soldatesse del contingente italiano ad Herat

Una giornata di abbracci e di entusiasmo tra squadre di calcio in campo ad Herat, in Afghanistan, che ha trascinato il pubblico in un vortice di emozioni. Che lo ha spinto a riflettere sui diritti delle donne afghane, là dove la libertà di espressione è ancora terreno di conquiste. Per oltre 90 minuti di gioco le donne del Bastan Football Club (FOTOGALLERY) - velo, pantaloncini corti, maglia rossa e scarpini - hanno rincorso con convinzione la palla sfidando le avversarie, soldatesse del contingente italiano. Fare gol non è superare un match come un altro, significa riuscire nella partita più grande, quella che abbatte ogni barriera culturale alla radice delle violenze contro le donne. Lo sport per le ragazze in maglia rossa è senza dubbio un'occasione vincente.

E vincono, andata e ritorno. Ai rigori le ragazze del Bastan Football Club hanno avuto la meglio sulla squadra guidata dal capitano Vincenza Versace nel corso della partita svoltasi nei giorni scorsi a Camp Arena, sede della base italiana a Herat. E' stata organizzata dal Train Advise and Assist Command West (Taac W), il comando multinazionale a guida italiana, che aveva già lanciato la prima sfida a dicembre. "Questo match è nato sull'entusiasmo del precedente vinto dalle afghane. E' stata una giornata bellissima, di abbracci e gioia tra le giocatrici. Tutto si è svolto di fronte a un pubblico anch'esso entusiasta. Erano presenti anche le autorità locali", spiega all'Adnkronos il tenente colonnello Angelo Vesto, portavoce del contingente militare italiano in Afghanistan.

Qualcosa sta cambiando riguardo al ruolo delle donne in Afghanistan, grazie anche alla cooperazione civile e militare italiana. Giocare a calcio, per esempio, non è più una stravaganza. "Il Bastan Football Club, che milita nei campionati locali, è solo una delle squadre di calcio femminili qui presenti", spiega Vesto sottolineando come il calcio in rosa stia "cominciando a rientrare nella normalità".

Una conquista che fa gioire chi ogni giorno lavora lì per i diritti, specie delle donne. Non a caso la partita di Camp Arena si è svolta sotto il titolo di 'A Match for women's rights … not just on March the 8th': un modo per ricordare le conquiste delle donne in campo politico, economico e sociale, ma anche che discriminazioni e violenze ai loro danni sono tuttora un grave problema. Parla con emozione Vesto quando racconta della visita a Camp Arena di Naheed Farid, la più giovane parlamentare afghana.

"Nel giorno del capodanno afghano, il 21 marzo, è venuta alla nostra base, assistendo alla cerimonia nel corso della quale sono stati piantati due alberi, Naheed Farid. Ha raccontato che da ragazzina, quattordici anni fa, le era del tutto proibito uscire da casa ad Herat. Andare a scuola, neanche a parlarne. Oggi è una donna del Parlamento" che ben rappresenta la regione di Herat, dove attualmente su una popolazione di 4 milioni di abitanti ci sono un milione di studenti. Il 40% degli universitari è donna.

Conquiste. Come una conquista è l'inserimento sociale delle donne. "Alcune di loro dopo corsi di formazione professionale - spiega Vesto - oggi sono parrucchiere, estetiste e sarte. Svolgono la loro attività a casa, ma lavorano" e imparano l'indipendenza. Tutto questo è stato reso possibile grazie a una preziosa collaborazione tra artigiani italiani di Udine e i nostri militari di Herat.

Un altro corso 'made in Italy' ha lanciato due donne afghane come istruttrici di pallavolo. Senza dimenticare poi tutto l'addestramento rivolto alle donne che fanno parte delle forze di sicurezza afghane.

"A cavallo dell'8 marzo - ma è solo una coincidenza - abbiamo fatto dei corsi di check point alle donne, ovvero come fare una buona perquisizione; un altro corso - aggiunge Vesto - ha riguardato la sicurezza e la condotta comunicativa nel rapporto tra guardie carcerarie e detenute. Fare consulenza e addestramento, non solo alle forze di sicurezza afghane, ma alla popolazione locale perché abbia un futuro migliore non è solo per missione". E' un segnale di libertà in un Paese dove c'è ancora molto da fare.

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