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Marchionne: "Le speranze del futuro dell'Italia sono in mano alla gente che fa"

30 agosto 2014 | 12.25
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L'amministratore delegato della Fca interviene al meeting di Rimini: "L'idea di poter cambiare le cose rimarrà un'utopia fino a quando ciascuno di noi non deciderà di fare la propria parte". E conferma: "Non intendiamo chiudere nessuno stabilimento Italia"

 (foto Infophoto)
(foto Infophoto)

''Le speranze del futuro dell'Italia sono in mano alla gente che fa''. Lo afferma l'amministratore delegato del gruppo Fiat-Chrysler, Sergio Marchionne, intervenendo al meeting di Rimini.

''Dovete diventare voi stessi i promotori di quel cambiamento che volete vedere nella società - dice Marchionne - L'idea di poter cambiare le cose rimarrà un'utopia fino a quando ciascuno di noi non deciderà di fare la propria parte: decidere di fare qualcosa in modo diverso rispetto a quello che abbiamo fatto ogni giorno, nel lavoro come nella vita''. Rivolgendosi alla platea del meeting di Rimini l'amministratore delegato chiede di non aspettare ''che sia qualcuno a dirvelo, che vi arrivi una direttiva sulla scrivania. Siate voi i primi'' a pensare ''un nuovo modello''.

''Non lasciate che sia qualcuno a definire la vostra strada, fatela da soli, costruite un percorso, seguitelo e disegnatelo da capo, ogni volta che volete. Iniziate oggi, iniziate subito'', esorta Marchionne. L'ad chiede di ''accettate la sfida dell'ignoto e rischiare. Potrete sbagliare, potrete cadere ma avrete acquisito la forza e il coraggio di rialzarvi e di cambiare di nuovo. Avrete esperienza per ricominciare da capo. Soprattutto avrete rotto l'incantesimo dell'inerzia''.

L'Italia oggi si trova in una ''recessione prolungata'' e nelle condizioni che ''non sono più in grado di garantire un Paese competitivo''. Secondo Marchionne sono almeno 10 anni che ''abbiamo bisogno di riforme e trasformazioni strutturali'' per riportare il Paese a un ''livello competitivo". Ma l'Italia, per ora, ''non sembra capace di reagire''.

Quanto alle attività industriali in Italia, "lo abbiamo detto e lo ribadiamo ancora oggi che non intendiamo chiudere nessuno stabilimento accollandoci tutti i costi di una realtà operativa in perdita". Marchionne indica anche la volontà del gruppo di "rivedere in modo radicale" la strategia, puntando sull'alto di gamma per cui l'Italia può essere la base per la diffusione di veicoli in tutto il mondo.

''Quando abbiamo deciso di intrecciare il nostro destino con Chrysler, un'azienda in bancarotta, ci siamo giocati tutto: credibilità, reputazione e io personalmente anche la carriera - dice Marchionne - Abbiamo rischiato di evidenziare in modo chiaro la fragilità della Fiat, senza nemmeno la sicurezza di una poltrona su cui atterrare se il progetto fosse fallito''. E anche in Italia, ''se avessimo aspettato le condizioni di un sistema competitivo, non avremmo fatto assolutamente nulla''.

E, invece, ''abbiamo deciso di assumerci la nostra parte di rischio e responsabilità, abbiamo fatto delle scelte coraggiose di rottura con il passato, compresa quella di uscire da Confindustria per stabilire un rapporto negoziale diretto. Siamo andati avanti, incuranti delle accuse e degli sgambetti, è da quasi 5 anni che stiamo progettando la rete industriale'' in Italia.

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