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Imprese: Thron, la realtà italiana che assume cervelli dall'estero

24 maggio 2015 | 14.01
LETTURA: 7 minuti

Sede della società padovana fondata da Nicola Meneghello è Palazzo Negrelli, costruito nei primi del Novecento. Ristrutturato nel 2012, all'interno ha un auditorium e l'immancabile biliardino, esattamente come succede nella Silicon Valley

Nicola Meneghello e Dario De Agostini di Thron
Nicola Meneghello e Dario De Agostini di Thron

Un'avventura iniziata in un campo di calcetto, portata avanti tra impegno, sacrifici e un pizzico di fortuna per arrivare ad essere una piccola Google con tanto di sede, in un palazzo d'epoca, con auditorium, studio fotografico e l'immancabile biliardino. E non nella Silicon Valley, ma a Piazzola sul Brenta, in provincia di Padova.

E' l'avventura di Thron, azienda fondata da Nicola Meneghello, attuale amministratore delegato, che una decina di anni fa durante una partita di calcio tra amici incontra Dario De Agostini, oggi responsabile tecnico, al quale parla della sua intuizione: internet, all'epoca molto diversa da oggi, deve essere applicata per migliorare la qualità delle comunicazioni delle aziende. Dario la sposa al 100%, come lui stesso racconta, e inizia il percorso. Un cammino che non prende la strada dritta ma sceglie quella tortuosa, che non porta né grandi guadagni né un'esplosione sul mercato, ma attrae sempre più clienti e con i clienti la fiducia delle banche. Una strada che, a differenza di quanto spesso si sente dire, ha anche reso possibile il paradosso che in Thron la fuga dei cervelli è al contrario e i talenti stranieri vengono a lavorare in Italia.

"La mia visione è stata quella che il digitale sarebbe stato il principale canale nel quale si sarebbero costruite le relazione fuori e dentro le aziende. Volevo semplificare con un mio prodotto il lavoro all'interno di un'impresa, gratificando l'esperienza del cliente", racconta Meneghello all'Adnkronos. Così Nicola inizia ad assumere giovani talenti informatici in un'azienda ancora tutta da fare ma che, racconta, "cominciava a vincere premi e portarsi a casa clienti". All'inizio "ci mettevamo la faccia, se sbagliavamo non ci facevamo pagare. E' stato difficile acquistare credibilità eppure, piano piano, le banche hanno iniziato a darci credito. Portavamo clienti importanti che pagavano il nostro lavoro". E scherza: "In banca, abituati al manifatturiero del padovano, ci dicevano che non si capiva nulla di quello che facevamo, che sembrava una scatola vuota, ma i clienti arrivavano e quindi meritavamo appoggio".

Intanto l'azienda inizia ad accumulare esperienza con un numero sempre più elevato di clienti. "Andavamo da loro e avevamo come competitor Oracle o Cisco. Come facevamo a ottenere noi il lavoro? L'unico modo era fare quello che gli altri non riuscivano a fare". E' a questo punto che Nicola e Dario si rendono conto che possono arrivare a sviluppare un prodotto in grado di gestire tutte le relazioni tra persone che avvengono in via digitale, accentrando tutti i contenuti della comunicazione in un unico punto.

Così nasce la soluzione vincente di Thron, dopo anni nei quali l'informatica ha sviluppato un prodotto specifico per ogni azione da compiere. Quello che invece inventano Meneghello e De Agostini è tutto il contrario: un sistema che è il cuore dell'azienda, che si pone dietro alle altre piattaforme e che è in grado di prendere tutto quello che c'è, accentrando tutte le informazioni senza replicarle in giro, analizzando come vengono utilizzate dentro un'azienda strutturata, con tutti i processi dalla nascita alla pubblicazione. In pratica, riassume l'ad, "non abbiamo fatto la guerra con gli altri, ci siamo integrati".

"Il mercato ci sta dando ragione. Non potevamo pensare di inventare un sistema standard, mentre potevamo pensare di fare quello che in autonomia, alle spalle, prende tutto ciò che viene sviluppato e lo accentra in termini di conoscenza e contenuto", dice ancora Meneghello. "Per fare questa cosa bisogna essere in Silicon Valley e avere 30 milioni di dollari da investire. Ma io sono nato a Piazzola sul Brenta, ho famiglia e amici qui. Mi son detto: proviamo e andiamo a venderla in questi luoghi. Se non ce la facciamo, io vado a lavorare altrove, perché a me interessa fare qualcosa che dia un senso alla mia vita perché io ci sono nato qua".

"Per sviluppare l’idea ci servivano almeno 50 persone in gamba. Iniziamo a reclutarle, andando in giro per l’Italia e organizzando eventi nelle università. Creiamo il team – racconta ancora Meneghello - mentre lavoriamo con i clienti". Nello stesso momento nasce una nuova idea, quella dell’acquisto di una sede che dia un segnale importante: l’appartenenza al luogo dove si nasce e si lavora ma che sia anche esempio di innovazione.

La scelta ricade su Palazzo Negrelli, costruzione a Piazzola sul Brenta che risale ai primi del Novecento e che inizialmente era utilizzata come sede di una scuola elementare prima, media e professionale poi, fino al 1985, anno in cui venne chiuso. Nel 2009 iniziano i lavori di ristrutturazione, nel 2011 diventa ufficialmente la sede di Thron.

Se da un lato c'è oltre un secolo di storia tra quelle mura, dall'altro nella superficie di 1300 metri quadrati c'è tutta un'altra musica: al piano terra c'è un auditorium con un centinaio di posti, che ospita meeting aziendali ma anche conferenze ed eventi dei clienti ed è attrezzato per il live streaming. Al terzo piano c’è un piccolo studio usato per servizi fotografici e produzioni video. Nella sala mensa ci sono l'immancabile biliardino e la 'dispensa fiducia', dove vengono messi a disposizione acqua, succhi di frutta, snack e che i dipendenti sono chiamati a reintegrare liberamente in base a quanto consumano. Tutte cose, queste, viste solamente nelle aziende della Silicon Valley.

Oggi Thron, che sta per aprire una sede a Londra per lanciarsi nel mercato europeo, ha dato vita a quel paradosso dei cervelli che dall'estero 'fuggono' per venire in Italia. E' il caso di Debora Marrocchino, nata a New York dove ha anche ha studiato e ha lavorato. E' stata marketing director di Invision, ha lavorato in American On Line. Ha anche vissuto a Madrid dove per cinque anni è stata direttore marketing di Men’s Health Magazin. Oggi è responsabile marketing di Thron. Oppure di Michele Montonati, che dal 2005 al 2010 ha lavorato per Oracle Italia maturando esperienze all'estero tra Inghilterra, Austria, Israele e Belgio. Nel 2012 si è trasferito a Londra per lavorare a Newton Europe, incassando successi. Da aprile 2015 è partner manager di Thron per l'Italia.

"Abbiamo sempre creduto che il modo migliore per costituire una squadra di lavoro sia puntare sulle persone prima che sulle competenze", racconta il responsabile tecnologico di Thron, Dario De Agostini. "Crediamo molto in una struttura composta da team in cui il livello di competenza e partecipazione da parte di tutti è molto alta. Non abbiamo una suddivisione in progettisti, analisti, sviluppatori. Ciascuno segue tutto il ciclo di progettazione. Questo fa sì - spiega De Agostini - che tutte le persone possano portare il valore aggiunto in qualsiasi momento. La sfida è trovare persone con tutte queste competenze, a volte nei colloqui nemmeno chiediamo le capacità tecniche, mente cerchiamo di capire quanto una persona sia appassionata nella creazione di qualcosa di suo, in modo viscerale e quanto ne viene appagata. Questo è l’elemento fondamentale ed è una caratteristica umana, non tecnica. Fa parte del carattere della persona", continua. "Le persone con cui lavoriamo non fanno parte del nostro progetto perché prendono lo stipendio più alto di quanto prenderebbero da un’altra parte, ma perché qui hanno un ambiente, un ecosistema e dei colleghi che valorizzano la persona, le capacità, e mettono in pratica quello che sanno fare meglio", dice ancora.

"In Italia soffriamo della 'sindrome di Calimero', tendiamo ad essere ipercritici nei nostri stessi confronti. Ho contatti con persone al di fuori del territorio italiano abbastanza regolarmente e con gli italiani all’estero. Ci stiamo facendo una brutta pubblicità, spesso traspare un’opinione del lavoro in Italia che non meritiamo", conclude il Cto di Thron.

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