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Web tax, giro d'affari in Italia da 1,7 miliardi

14 maggio 2017 | 15.29
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(Fotogramma)
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Il giro d'affari delle grandi del web, in Italia, supera quota 1,7 miliardi di euro. Questa infatti è l'ultima cifra disponibile, relativa al 2015, ma visti gli aumenti registrati (+41% tra il 2010 e il 2015) ci sono pochi dubbi sul fatto che nel frattempo ci sia stato un ulteriore incremento. Secondo i dati forniti dall'Upb, ed elaborati dall'Adnkronos, due giganti come Google e Facebook hanno versato insieme 2,4 milioni di euro.

Considerando che il ricavo fatto in Italia ammonta a 870 milioni, le tasse pagate sono pari allo 0,3%. Con questi numeri era inevitabile che si cercasse di introdurre una normativa per tassare un settore che fino a pochi anni fa non esisteva.

Un settore che è passato da 62,1 miliardi di ricavi nel 2011 (primo anno disponibile nelle tabelle) a 143 miliardi del 2015, registrando un incremento del 130,3% in soli 4 anni. Il primo tentativo di introdurre la web tax risale al 2013, con l'istituzione di un tributo nella legge finanziaria 2014, che sarebbe dovuta scattare a metà anno. La misura, che è stata prima sospesa e poi abolita, vietava alle imprese di acquisire servizi pubblicitari on line da aziende che non fossero munite di partita Iva italiana.

Nel vuoto normativo che è seguito è stato raggiunto un accordo 'ad personam' prima con Apple, che nel 2015 ha pagato 318 milioni per fare pace con il fisco italiano dal 2008 al 2013, e poi con Google, che ha versato 306 milioni per gli anni 2002-2015. Il governo per il momento vorrebbe proseguire sulla stessa strada, introducendo delle norme transitorie nel decreto legge di correzione dei conti pubblici.

L'ipotesi più accreditata è quella contenuta in un emendamento presentato in commissione Bilancio dal presidente, Francesco Boccia, basata sull'istituto della comunicazione e della cooperazione rafforzata. In altre parole i big della rete, che svolgano in Italia attività economiche suscettibili di configurare nel loro complesso una stabile organizzazione transitoria, dovranno cercare un'intesa con l'Agenzia delle entrate. Una versione così 'flessibile' del tributo ha molti vantaggi; primo tra tutti evita all'Italia di diventare un paese troppo 'cattivo' rispetto agli atri.

Intanto, l'idea di arrivare a un accordo internazionale sulla web tax prende forma nel comunicato finale del G7, che si è tenuto a Bari.

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