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Contratti a termine, il nodo causali

06 luglio 2018 | 12.54
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Ha appena avuto il via libera dal cdm, eppure il decreto dignità sta già facendo discutere. A far storcere il naso alle associazioni, in particolare, sono le misure che riguardano la lotta al precariato e il capitolo dedicato ai contratti a termine. Secondo quanto previsto dal provvedimento, infatti, fatta salva la possibilità di libera stipulazione tra le parti del primo contratto a tempo determinato (di durata comunque non superiore a 12 mesi di lavoro in assenza di specifiche causali) l'eventuale rinnovo dello stesso sarà possibile esclusivamente a fronte di esigenze "temporanee e limitate".

Sono le causali, in particolare, a sollevare maggiori preoccupazioni. Il decreto prevede che i contratti a termine durino al massimo 24 mesi. Il primo contratto può essere stipulato senza causali ma deve avere una durata non superiore ai 12 mesi. Mentre gli eventuali rinnovi devono essere giustificati, appunto, da specifiche causali. Inoltre, in caso di ogni rinnovo, è previsto l'aumento dello 0,5% del contributo addizionale - attualmente pari all'1,4% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali - a carico del datore di lavoro.

"L'azienda è tenuta nuovamente a fornire, ad esempio per il 'rinnovo', le motivazioni per l'impiego di lavoratori a termine, con evidenti complicazioni e disagi a livello organizzativo" fa sapere l'avvocato Fabrizio Daverio, socio fondatore dello studio legale Daverio & Florio, specializzato nel diritto del lavoro e nel diritto della previdenza sociale. "L'obiettivo di ridurre il precariato è di per sé lodevole ma la strada scelta è sbagliata - avverte - soprattutto la tecnica delle 'causali' anni '60, per le quali il lavoro a termine vale solo per circostanze straordinarie ed eccezionali, da specificare, è pericolosa".

Secondo Daverio "si tratta di un ritorno al passato. L'esperienza storica ha dimostrato che le causali sono un grande ostacolo per le aziende e una fonte di contenziosi e di grovigli inestricabili, oltre a essere un'opzione obsoleta. Il contratto a termine produce lavoro vero, che sfocia per lo più, da solo, nella stabilizzazione".

Sulla stessa lunghezza d'onda anche Confesercenti. "Il passo indietro sulle causali è assolutamente controproducente - ammonisce l'associazione - oltre che rendere più rischiose le assunzioni, crea un clima di incertezza e porterà a un inevitabile aumento dei contenziosi". E a puntare il dito contro le causali è anche Federalberghi: "Durante la stagione estiva lavorano nel settore turismo più di mezzo milione di persone assunte a tempo determinato, da oggi esposte ad una grande incertezza" avverte il presidente dell'associazione, Bernabò Bocca.

Per Bocca "una cosa è certa: si illude chi crede che questo provvedimento genererà anche un solo nuovo contratto a tempo indeterminato". Storce la bocca, infine, Unimpresa. "Limitare il lavoro precario attraverso un ritorno al passato con le proroghe dei contratti a termine, con le sue causali e, soprattutto, prevedendo una maggiorazione dei costi previdenziali a ogni proroga - spiega il presidente Giovanna Ferrara - se da una parte va nella direzione di far crescere il costo del lavoro a termine rispetto a quello a tempo indeterminato, dall’altra contribuirà non poco a far riemergere il contenzioso sugli stessi contratti a termine e a scoraggiare le imprese ad assumere".

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