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Assobiotec: "No a taglio credito imposta su ricerca"

26 ottobre 2018 | 10.36
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(Fotolia) - jolopes - Fotolia
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"Osserviamo con sorpresa e disappunto che nella bozza della nuova legge di bilancio, definita dal presidente del consiglio e dal ministro dell’Economia come una manovra nel segno della crescita nella stabilità, trovi posto il dimezzamento del credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo, una delle misure più efficaci adottate negli scorsi anni per aiutare la crescita delle imprese". Lo afferma Riccardo Palmisano, presidente di Assobiotec, l’Associazione nazionale per lo sviluppo delle biotecnologie che fa parte di Federchimica.

"A poco serve dire che la riduzione dal 50 al 25% dell’incentivo sulle spese incrementali deducibili non riguarderà quelle per il personale dipendente direttamente impiegato nelle attività di ricerca e sviluppo, quelle rientranti nell’ambito di contratti stipulati con università e quelle con imprese residenti rientranti nella definizione di start-up o di pmi innovative: stiamo comunque parlando di un taglio da 20 a 10 milioni di una delle poche misure efficaci per stimolare ricerca ed innovazione in Italia”, continua Palmisano. Incentivare le attività di ricerca e sviluppo delle imprese, sottolinea, "non è solo una misura di buon senso per capitalizzare sugli investimenti fatti in educazione e formazione della popolazione, ma è fondamentale per la competitività futura del Paese. E’ una misura che ha permesso, in questi anni, a tante realtà biotech piccole, medie e grandi di sostenere un significativo incremento degli investimenti in R&S, con importanti ricadute occupazionali e sviluppo dei ricavi".

Inoltre "il sostegno finanziario che ne è derivato per le imprese è stato particolarmente rilevante in quanto esercitabile immediatamente e con un meccanismo automatico. Non solo, il credito d’imposta così come era strutturato, ha addirittura concorso a spingere alcune grandi realtà a trasferire centri di ricerca in Italia. La mancanza di tali incentivi comporterebbe una grave e ulteriore perdita di competitività del nostro Paese, con conseguente rischio di riduzione di attività ad alto valore di innovazione", conclude.

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