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Clima, passo indietro per Italia

10 dicembre 2018 | 12.06
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Clima, passo indietro per Italia

Nonostante una buona performance nell’uso di energia, abbiamo rallentato sul fronte dello sviluppo delle rinnovabili, resta assente una politica climatica nazionale adeguata agli obiettivi di Parigi, e nel 2017 le emissioni sono diminuite solo dello 0,3% rispetto all’anno precedente e appena del 17,7% rispetto al 1990. Per questo, l’Italia scende nella classifica delle performance ambientali Germanwatch 2018, perdendo ben sette posizioni rispetto alla precedente edizione e piazzandosi al 23° posto (era al 16° nel 2017).

Presentato oggi alla conferenza Onu sul clima, il rapporto Germanwatch analizza le performance climatiche di 56 Paesi più l’Unione Europea nel suo complesso, che insieme contribuiscono al 90% delle emissioni globali, e stila una classifica il cui podio resta vuoto, anche quest’anno: non assegnate le prime tre posizioni, perché nessuno dei Paesi analizzati ha raggiunto la performance necessaria per contrastare in maniera efficace i cambiamenti climatici e non superare la soglia critica di 1,5°C.

Il Paese più virtuoso si piazza, quindi, comunque al quarto posto e si conferma essere la Svezia con un’ottima performance nella riduzione delle emissioni e una continua crescita delle rinnovabili. Segue il Marocco che consolida la sua leadership tra i Paesi in via di sviluppo grazie ai considerevoli investimenti nelle rinnovabili e a un’ambiziosa politica climatica. Tra i Paesi emergenti, l’India ha fatto un importante passo in avanti posizionandosi all’11° posto, grazie a una buona performance climatica dovuta alle basse emissioni pro-capite e al considerevole sviluppo delle rinnovabili.

Trend negativo anche per la Germania che si piazza al 27° posto. Performance dovuta alla quota ancora considerevole del carbone nel mix energetico nazionale, senza ancora una decisione sul suo phasing-out, e all’assenza di una strategia per la decarbonizzazione dei trasporti. L’Unione Europea nel suo complesso fa un piccolo passo in avanti posizionandosi al 16° posto rispetto al 21° dello scorso anno, grazie a una politica climatica che ha l’obiettivo di raggiungere entro il 2050 zero emissioni nette.

Per la prima volta la Cina lascia le retrovie e raggiunge il centro della classifica posizionandosi al 33° posto, grazie a una politica climatica più incisiva, che ha adottato norme più stringenti per la riduzione delle emissioni nei settori industriale ed abitativo, e all’introduzione di un efficace regime di sostegno delle rinnovabili.

In fondo alla classifica si posizionano Arabia Saudita (60) e Stati Uniti (59) che, con Trump, indietreggiano in quasi tutti gli indicatori. Segnali positivi giungono però dall’Alleanza per il Clima (oltre 3mila tra Stati, città, imprese nazionali e multinazionali, università e college) al lavoro per mantenere gli impegni assunti a Parigi attraverso un’azione congiunta che bypassa l’amministrazione federale.

Il rapporto di Germanwatch misura le performance dei vari Paesi attraverso il Climate Change Performance Index (CCPI), prendendo come parametro di riferimento gli obiettivi dell’Accordo di Parigi e gli impegni assunti al 2030. Il CCPI si basa per il 40% sul trend delle emissioni, per il 20% sullo sviluppo sia delle rinnovabili che dell’efficienza energetica e per il restante 20% sulla politica climatica. E' realizzato in collaborazione con CAN e NewClimate Institute e, per l’Italia, con Legambiente.

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