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"Spesa sotto attese", Confesercenti fa il punto sui saldi

10 febbraio 2019 | 12.35
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Foto di repertorio (Fotogramma) - FOTOGRAMMA
Foto di repertorio (Fotogramma) - FOTOGRAMMA

di Cristina Armeni
Quasi la metà degli italiani, il 48%, ha approfittato dei saldi invernali per fare acquisti, soprattutto vestiti e calzature, ma ha speso in media solo 118 euro a persona, una cifra al di sotto delle attese dei commercianti. A fare un primo bilancio dell'andamento dei saldi nei primi 30 giorni di vendite è la Confesercenti attraverso un'indagine condotta da SWG su consumatori e imprese, diffusa dall'Adnkronos.

Le vendite a prezzi scontati, registrano dunque nella fase di avvio, un buon riscontro di interesse da parte del pubblico ma una sensibile riduzione del budget rispetto alle previsioni del 3,3%. Una tendenza probabilmente influenzata dal clima di incertezza economica che sta caratterizzando questo inizio dell'anno con gli indicatori economici non incoraggianti.

L'indagine evidenzia come i flussi di clienti si siano concentrati soprattutto nelle prime due settimane, durante le quali sono stati effettuati il 35% degli acquisti. Durante il primo mese di saldi gli italiani hanno acquistato soprattutto maglieria (il 33%), ma anche calzature (22%), pantaloni o gonne (19%), camiceria (6%), intimo (3%), mentre il restante 8% ha acquistato accessori o altri prodotti. Significativa, per alcune voci, la divaricazione con gli acquisti progettati dai consumatori prima dell’avvio dei saldi, oggetto di una precedente rilevazione Confesercenti-SWG.

A diminuire è soprattutto l’acquisto di calzature, che era segnalato dal 31% dei consumatori ma dopo un mese chi dichiara di aver acquistato scarpe risulta essere il 22%, quindi il 9% di italiani avrebbe rinunciato a un nuovo paio di scarpe. Il budget sembra essere stato deviato verso i prodotti di maglieria (+9% rispetto alle previsioni iniziali) e, in misura minore, Pantaloni o Gonne (+4%) e Capispalla (+1%).

La frenata della spesa delle famiglie è stata nettamente avvertita dalle imprese: il 34% degli imprenditori intervistati segnala vendite in calo rispetto allo scorso anno, contro appena un 10% che registra un andamento migliore sul 2018. Un rallentamento destinato a pesare sui conti delle imprese del commercio, visto che i saldi invernali costituiscono il 14% circa del fatturato annuale complessivo.

Tra gli imprenditori inizia a rilevarsi il desiderio di una revisione della disciplina della durata dei saldi: tre su dieci vorrebbero vedere almeno dimezzato il periodo attuale di 60 giorni. Giudizio articolato anche sulla data di partenza: il 12% delle imprese ritiene che il 2 gennaio sia troppo presto per iniziare le vendite di fine stagione, mentre il 21% la vorrebbe anticipare.

Una frenata che "colpisce e conferma la situazione di incertezza e di precarietà delle famiglie che tendono quindi a risparmiare", afferma all'Adnkronos Patrizia De Luise. Sicuramente a incidere, secondo il numero uno di Confesercenti "è anche la mancanza di lavoro, come certificato dai dati dell'Istat e, non ultimo, la possibilità prevista dalla manovra di lasciare libertà agli enti locali di poter aumentare i tributi, è un fattore che infiamma gli animi e preoccupa". "Se gli acquisti frenano - prosegue - si innesca un circolo vizioso, in quanto i consumi interni diminuiscono, la produzione rallenta a fronte di uno scenario internazionale che non è favorevole perché - argomenta - noi in Europa siamo il paese che soffre di più. Sono tutti segnali molto allarmanti". I saldi poi necessitano di nuove regole. "La categoria chiede da tempo una riduzione del periodo dei saldi che è troppo lungo, dura 60 giorni e non è più appetibile con la miriade di iniziative che si sono prese nel corso degli anni, anche importando modelli dall'estero come con il Black Friday". Inoltre, secondo il numero uno di Confesercenti, aver anticipato le date così tanto, al 2 gennaio, non va bene. "I saldi erano nati come vendite di fine stagione, - spiega De Luise - ora hanno perso appeal. Bisognerebbe tornare alla data naturale, a fine stagione". Nel caso dei saldi invernali questo anticipo influisce sempre di più anche sulle vendite del periodo natalizio, gli acquisti personali vengono rimandati perché i saldi iniziano durante il periodo delle feste e si droga il mercato". Tra l'altro la differenziazione temporale dei saldi a seconda delle regioni non aiuta il settore. Omogeneizzare le date potrebbe aiutare".

De Luise parla anche del reddito di cittadinanza che "va bene ma non basta" perché occorrono investimenti produttivi e riduzione delle tasse. Poi l'invito al governo ad aprire "al più presto, un tavolo al ministero dello Sviluppo economico" sulle domeniche. Le associazioni che rappresentano la totalità delle imprese del commercio, dalla Gdo ai negozi di vicinato, alla cooperazione, si stanno confrontando in questi giorni sulla nuova proposta di legge sulle chiusure domenicali e nei giorni festivi. "Vorremmo trovare una soluzione condivisa da tutti per non fare ulteriori errori – sostiene - e mettere un tassello per apportare delle migliorie. Dobbiamo fare in modo di varare interventi che possano permettere alle imprese di svilupparsi nella loro pluralità e assicurare posti di lavoro" . "Il decreto Monti che ha liberalizzato il commercio, - spiega De Luise - concedendo a tutti i negozi di stare aperti la domenica non ha avuto gli effetti desiderati, non ha prodotto gli aumenti di fatturato che ci si aspettava, tanto è vero che tra il 2012 e il 2018 il settore del commercio ha perso 56 mila imprese". "Ma mentre si parla di domeniche e di orari nei giorni festivi, - suggerisce il numero uno di Confesercenti - si dovrebbe parlare anche di concorrenza sleale e di lotta all’abusivismo che deriva soprattutto dalle piattaforme di vendite on line, che hanno regole diverse da noi e invece ci devono essere regole certe e uguali per tutti. Il legislatore deve sapere che questo problema c’è e deve affrontarlo non basta denunciarlo", conclude De Luise.

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