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Renault, assemblea 'scomoda'

11 giugno 2019 | 19.41
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Fusione con Fca ancora possibile

Renault, assemblea 'scomoda'

di Massimo Germinario
Se la Borsa, che non sempre, ma spesso ha ragione, ha indovinato la sua scommessa, l’assemblea generale degli azionisti di Renault di mercoledì, ufficialmente chiamata ad approvare l’esercizio 2018 e a ratificare i nuovi ingressi nel Cda, potrebbe trasformarsi nel palcoscenico per la riapertura ufficiale della partita con Fca.

Dopo il crollo del 6,41% registrato nel giorno dell’addio, lo scorso 6 giugno, il titolo Renault infatti ha ripreso a salire, anche con evidenti ‘strappi’ davanti ai segnali in arrivo dalla politica. Se lunedì il titolo aveva recuperato il 2,59% dopo le parole del ministro dell'Economia francese, Bruno le Maire, che aveva descritto l’eventuale fusione fra i due gruppi come una "buona opportunità", oggi alla Borsa di Parigi Renault ha chiuso in rialzo dell’1,16% a 55,72 euro dopo che la responsabile dei Trasporti Elisabeth Borne ha detto di ritenere che il caso "non sia chiuso".

Il tutto sullo sfondo di presunti colloqui ripartiti fra John Elkann e i vertici della Régie, che – nell’ultimo comunicato di commento, dopo il ritiro della proposta di fusione – avevano riconosciuto esplicitamente la bontà della proposta di Fca, puntando il dito chiaramente contro le interferenze della politica.

Una politica che dovrebbe finire in discussione nella assemblea generale: "E’ facile fare previsioni, gli azionisti chiederanno contro della mancata fusione" ammettono fonti di Renault, consapevoli del malumore degli investitori per lo stop imposto da Parigi all’operazione. Anche perché nei giorni successivi al ritiro di Fca – irritata dai rinvii e dalle condizioni poste dallo Stato francese a una proposta "che a Parigi conoscevano benissimo da settimane" – Renault si è trovata a fare i conti col nodo irrisolto del rapporto con Nissan.

Il nuovo presidente Jean-Dominique Senard è andato la scorsa settimana in Giappone, sia per illustrare l’ipotesi di fusione che per valutare lo stato d’animo dei manager nipponici. Molti i sorrisi e le rassicurazioni, poi quando i vertici di Nissan hanno esposto la proposta di governance da sottoporre alla propria assemblea del prossimo 25 giugno, da Parigi è arrivata una astensione che equivale a uno stop, visto che era necessaria maggioranza dei due terzi.

A Renault, che controlla il 43% di Nissan (contro il 15% detenuto dai giapponesi nella Régie), evidentemente la modifica di governance, con un modello a tre commissioni per nomine, audit e compensi non sembra solo un sistema di impedire per impedire il ripetersi di casi ‘alla Ghosn’ in futuro (con troppo potere nelle mani di un uomo solo) ma soprattutto per ridurre il peso dei francesi nella gestione del brand.

Dopo l’annuncio dell’astensione di Renault, Nissan dapprima ha lamentato come “molto spiacevole” l’atteggiamento del suo principale azionista poi oggi l’ad del gruppo giapponese, Hiroto Saikawa, ha moderato i termini spiegando come i partner dell’Alleanza “devono fare pace e rafforzare la stessa Alleanza”.

Il nodo, verosimilmente, passa attraverso una duplice riduzione di quote: la prima, quella del 15% dello Stato francese in Renault, la seconda, della Renault in Nissan. Un’opzione quest’ultima sulla quale si è detto "aperto" lo stesso Le Maire, se dovesse servire “per una governance migliore, più efficiente e più rapida nelle decisioni”. Ma, in questo caso, il valore intrinseco di Renault scenderebbe inevitabilmente, e il rapporto 50/50 previsto dalla prima ipotesi di fusione potrebbe essere rivisto.

La verità - confermata dalla presenza in Giappone di un negoziatore di Fca di altissimo livello - è che nella partita fra Parigi e Torino (e Detroit) è Tokyo a giocare la parte del ‘kingmaker’. E potrebbe essere proprio da Nissan che domani potrebbero arrivare le domande più scomode o le risposte più importanti sul futuro di una partita persino più grande di quanto si sia pensato finora.

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