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Ue: tempi lunghi per riforma patto, aperture su investimenti

14 settembre 2019 | 16.19
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(Fotogramma)
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(di Tommaso Gallavotti) - L'auspicata modifica del patto di stabilità, anche solo per modificare i parametri utilizzati per verificare il rispetto delle regole, se mai ci sarà, potrebbe richiedere "cambiamenti legislativi". E, prima di imbarcarsi in un'impresa del genere, è meglio rifletterci bene, perché i ministri delle Finanze Ue non sono affatto d'accordo su come cambiare le regole. Il dibattito tra i ministri riuniti oggi a Helsinki per l'Ecofin informale ha confermato che la strada per riformare il patto si presenta "lunga e difficile", come ha previsto il ministro dell'Economia francese Bruno Le Maire.

Tuttavia, ha spiegato il numero uno del Mef, Roberto Gualtieri, durante il dibattito sulle regole Ue in materia di finanza pubblica nel corso dell'Ecofin informale tenuto nella Finlandia Hall, realizzata nel quartiere centrale di Toolo alla fine degli anni Sessanta su progetto di Alvar Aalto, uno degli architetti più importanti del secolo scorso, "è entrata in discussione anche la golden rule".

In pratica, è emersa la "disponibilità" della Commissione, con il vicepresidente Valdis Dombrovskis, "di studiare forme per favorire investimenti che siano legati alle grandi priorità europee, a partire dal clima". Il problema è che, ad oggi, la clausola per gli investimenti del braccio preventivo del patto di stabilità ha maglie piuttosto strette: gli investimenti eligibili sono quelli effettuati dal Paese membro su progetti cofinanziati dall'Ue nell'ambito della politica strutturale e di coesione, delle reti transeuropee, nonché il cofinanziamento nazionale dei progetti cofinanziati dall'Efsi, più noto come piano Juncker.

Per allargare un poco le maglie e consentire investimenti quanto mai auspicabili in un'economia ormai ferma, potrebbe essere necessaria una comunicazione della Commissione, cosa che Gualtieri non ha confermato (non avrebbe potuto farlo), ma neanche smentito: è "assolutamente prematuro", ha detto, parlare della possibilità che la Commissione Europea emetta una comunicazione in merito.

E Paolo Gentiloni, prossimo commissario agli Affari Economici, "non è e non sarà il commissario alla flessibilità dell'Italia, ma sarà il commissario al rilancio dell'Europa", ha scandito il ministro, che è stato presidente della commissione Econ dell'Europarlamento.

Lo stesso Gualtieri ha sottolineato e ribadito più volte che un conto è la manovra economica 2020, un altro il dibattito sulla riforma del patto di stabilità. E' "ovvio" e "lapalissiano", ha proseguito il ministro, che il governo italiano "si batte all'interno delle regole" Ue in materia di finanza pubblica, "che comprendono il pieno uso della flessibilità", come detto da Ursula von der Leyen e come "chiesto da alcuni gruppi politici" nel corso delle discussioni che hanno portato alla sua elezione a prossima presidente della Commissione Europea.

In ogni caso, Gualtieri ha chiarito ai colleghi, e a Dombrovskis, che "una manovra restrittiva", cioè recessiva, ora in Italia "sarebbe controproducente". Occorre, ha sottolineato, che l'Eurozona adotti una 'fiscal stance', un orientamento della politica di bilancio, espansiva: "Sostengo, insieme ad altri, l'esigenza che l'Europa affronti la presente congiuntura macroeconomica con uno stimolo fiscale - ha detto - che si deve accompagnare a quello monetario e alle riforme. L'auspicio è che, per effetto di questa discussione, ci sarà una fiscal stance espansiva, cui tutti i Paesi contribuiscano in misura del loro spazio fiscale".

Tuttavia, "se avverrà o meno, è prematuro dirlo". Flessibilità, quindi, ma in cambio di impegni precisi sul debito: "Per un Paese come l'Italia è importante che il debito sia messo su una traiettoria discendente", sottolinea il ministro. "Questo - aggiunge - deve avvenire attraverso una pluralità di elementi: il sostegno alla crescita; il rafforzamento della fiducia, della credibilità del Paese, e quindi una riduzione della spesa per interessi e, naturalmente, l'equilibrio della finanza pubblica. Questi sono i principi, poi i numeri arriveranno al momento opportuno". Sull'auspicata riforma del patto di stabilità, il dibattito nell'Ecofin informale è stato vivace, ma un accordo è lontano.

"I ministri hanno tempi difficili davanti: francamente, non sono troppo d'accordo" su come andrebbero cambiate le regole, ha riferito il presidente dello European Fiscal Board (organismo indipendente di consulenza della Commissione) Niels Thygesen. E Le Maire, ha detto Gualtieri, è stato "corretto" quando ha invitato alla cautela sulla riforma del patto di stabilità. "Condivido la prudenza rispetto al fatto che la revisione del patto di stabilità è un processo molto complesso, delicato e lungo".

E la prudenza, ha aggiunto Gualtieri, non è solo della Francia, "ma di tutti noi". Al tempo stesso, la "cifra" della discussione di oggi, è stata, persino più di quello che si poteva immaginare, una condivisione del fatto che la riflessione sulle regole deve andare avanti. Ora spetterà alla Commissione presentare un rapporto. Ci sono varie forme, dal punto di vista tecnico, per migliorare le regole". Oggi "sono intervenuti quasi tutti, una ventina di Paesi: per essere un Ecofin informale è stata piuttosto partecipata e ricca. Ma è prematuro trarre qualsiasi conclusione".

A fare il punto sulla questione è stato il vicepresidente Dombrovskis. Nell'Ecofin informale di oggi, ha detto, "abbiamo avuto una discussione sostanziosa, anche sulle opzioni proposte dallo European Fiscal Board su un ancoraggio al debito nominale e al parametro della spesa". In sala "si poteva vedere un'accoglienza relativamente buona per questa opzione. Dobbiamo valutare se possiamo raggiungere quell'esito senza cambiamenti legislativi".

"Probabilmente - ha aggiunto Dombrovskis - ci sarà bisogno di cambiamenti legislativi per raggiungere quell'esito. Ma molti ministri hanno avvertito che bisogna evitare uno scenario in cui apriamo la legislazione, senza sapere come chiuderla, né quanto divisivo e lungo sarà il dibattito, senza conoscerne l'esito". Insomma, ha concluso, "vale la pena di aprire la legislazione solo se siamo ragionevolmente sicuri di chiuderla con regole migliori rispetto ad oggi". A giudicare da quanto è emerso sul dibattito odierno, non sarà semplice.

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