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Draghi: "Ottimista su futuro Europa, euro è popolare"

11 ottobre 2019 | 12.51
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Il presidente della Bce: "Chi dubitava della moneta unica ora è messo in discussione". Laurea honoris causa in Economia dall’Università Cattolica di Milano

(Fotogramma/Ipa)
(Fotogramma/Ipa)

"Sono ottimista sul futuro dell’Europa. Penso che col tempo essere parte dell’Ue e dell’Unione monetaria sia diventato normale per gran parte dei cittadini. L’euro è più popolare che mai. Il sostegno all’Ue tocca i valori più alti registrati dall’inizio della crisi". Lo ha detto il presidente della Bce, Mario Draghi, all’Università Cattolica di Milano dove gli è stata conferita la laurea honoris causa in Economia.

"Nei dibattiti sul futuro dell’Europa si discute sempre meno se la sua esistenza abbia senso e assai di più sulla via migliore per avanzare. Su queste basi la nostra Unione può durare e prosperare" ha aggiunto, ricordando che "la creazione dell’Unione europea, l’introduzione dell’euro e l’attività della Bce hanno incontrato molti ostacoli e dovuto fronteggiare molte critiche. Hanno dimostrato nondimeno il loro valore. Oggi sono coloro che dubitavano a essere messi in discussione".

"E' essenziale per lo sviluppo di un’unione monetaria - ha sottolineato Draghi - che i suoi cittadini credano nell’Unione e la assumano comunque, anche criticamente, come riferimento piuttosto che considerare tutti i problemi guardando all’orizzonte del loro punto di vista particolare. Mi sembra che le ultime elezioni per il Parlamento europeo, forse le prime incentrate su temi prevalentemente europei, lo abbiano confermato". "Anche chi mirava a rallentare l’integrazione europea non ha contestato la legittimità delle istituzioni dell’Unione, pur criticandole anche duramente. I parlamentari eletti sono risultati in maggioranza a favore dell’Europa", ha spiegato.

POLICY MAKER - Nella sua lezione sulle caratteristiche di un policy maker il presidente della Bce ha avvertito che "rispecchiare l'opinione di una maggioranza per un policy maker non è nell'interesse pubblico. Oggi viviamo in un mondo in cui la rilevanza della conoscenza per il policy making è messa in discussione. Sta scemando la fiducia nei fatti oggettivi, risultato della ricerca, riportati da fonti imparziali; aumenta invece il peso delle opinioni soggettive che paiono moltiplicarsi senza limiti, rimbalzando attraverso il globo come in una gigantesca eco". In questo contesto "è più facile per il policy maker rispecchiare semplicemente quelli che egli reputa essere gli umori della pubblica opinione, sminuendo il valore della conoscenza, assumendo prospettive di breve respiro e obbedendo più all’istinto che alla ragione. Ma solitamente ciò non serve l’interesse pubblico".

Nel 2012, anche la Bce ha incontrato "un ostacolo" con riferimento a molte delle sue misure non convenzionali, che erano "i dubbi sulla legittimità ad agire". "Il coraggio necessario per agire venne - ha raccontato Draghi - dalla convinzione che i rischi incombenti sarebbero stati assai maggiori se non avessimo fatto nulla. Saremmo in questo caso semplicemente venuti meno al nostro mandato e avremmo potenzialmente messo a rischio l’integrità della moneta che avevamo il compito di preservare. Ciò rendeva inevitabile la decisione presa; era l’unica possibile per un policy maker responsabile".

"Molti studenti di questa e di altre università vestiranno nel corso della propria vita i panni del servitore pubblico: il futuro della società dipende dal sentire il bene pubblico da parte dei giovani migliori e dall’impegno che profondono nel raggiungerlo" ha scandito il presidente della Bce davanti a una platea di studenti nel suo discorso dedicato ai policy maker, alle "caratteristiche frequenti nelle decisioni che consideriamo 'buone': la conoscenza, il coraggio, l’umiltà". I policy maker "spesso decidono in condizioni di incertezza in cui i risultati raramente sono conosciuti e valutabili con sicurezza".

"Il potere e la responsabilità del servitore pubblico non sono illimitati ma derivano dal mandato conferito che guida le sue decisioni e pone limiti alla sua azione - ha detto ancora Draghi - Un mandato politico è essenziale affinché l’indipendenza della banca centrale sia compatibile con la democrazia. Le banche centrali sono potenti e indipendenti ma non sono elette dai cittadini".

Quanto all'azione della banca centrale, Draghi ha sottolineato che "le più recenti stime hanno confermato" che le politiche della Bce sono state valide: "Esse mostrano che le misure introdotte hanno avuto un impatto sostanziale, contribuendo per 2,6 punti percentuali alla crescita del Pil nell’area dell’euro fra il 2015 e il 2018 e per 1,3 punti percentuali all’inflazione".

"Durante il mio mandato - ha aggiunto - la Bce ha continuamente auspicato il varo di ulteriori riforme istituzionali nell’area dell’euro. Abbiamo accolto con favore i progressi realizzati ed esortato governi e parlamenti a proseguire il loro impegno in questa direzione. Lo abbiamo fatto perché siamo convinti che solo in questo modo la nostra unione monetaria potrà divenire più robusta ed essere più capace di rispondere alle attese che ne hanno motivato la creazione".

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