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Pagamenti via chat, l'Italia è pronta?

19 gennaio 2020 | 06.54
LETTURA: 2 minuti

(Afp) - AFP
(Afp) - AFP

La diffusione massiccia dei dispositivi mobile e delle banche online sta portando a una nuova tendenza, quella dei pagamenti via social network e chat, considerata dagli esperti una dei principali trend Fintech del 2020.

Apripista di questa 'moda' è stata la Cina, dove i mega-colossi Tencent e Alibaba, con i rispettivi servizi WeChat e Alipay, hanno raggiunto oltre mezzo miliardo di utenti scuotendo il mercato asiatico dei pagamenti mobile.

Sulla stessa scia, Facebook e WhatsApp da tempo stanno sperimentando WhatsApp Pay, il servizio di pagamenti in-chat tra le grandi novità attese sulla piattaforma entro l’anno.

La possibilità di trasferire denaro ai propri contatti in chat, in pochi clic e senza uscire dall’applicazione di messaggistica, rappresenta una trasformazione straordinaria per le abitudini finanziarie e la vita quotidiana degli utenti, sempre più dipendenti dallo smartphone. D’altronde a guidare l’offerta dei servizi tecnofinanziari è ormai la Generazione X che trascorre la maggior parte del suo tempo online ed esige dal mercato flessibilità, mobilità e rapidità. Non è un caso che banche, società finanziarie e aziende tech stiano guardando con interesse il settore o progettando il lancio di servizi di in-chat payments.

In ambito tecnofinanziario, quello che è appena iniziato si presenta dunque come l'anno del boom dei pagamenti digitali, e anche l'Italia si prepara alla svolta. Se negli ultimi tempi gli italiani hanno acquisito maggiore dimestichezza con strumenti e tecnologie di digital payments, nel 2020 una spinta in più potrebbe arrivare dalla politica.

La strada per un'Italia digitale e 'cashless' tracciata dal Governo con la Legge di Bilancio 2020, infatti, va da un lato verso il contrasto all’evasione fiscale con incentivi a favore dei pagamenti elettronici tracciabili, e dall’altro verso la creazione di una società sempre più digitale. Si tratta di una sfida cruciale per un Paese, come l’Italia, ancora fanalino di coda per indice di digitalizzazione e dove il tasso di digital divide è oggi tra i più alti dell’euro-zona.

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