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Web tax: faro su proposta Ocse, in Italia gli esperti a confronto

23 gennaio 2020 | 17.23
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Web tax: faro su proposta Ocse, in Italia gli esperti a confronto

Accordo globale sulla web tax o l'imposta scatterà almeno in Francia e in Italia. Sul'intenzione dichiarata dai ministri Bruno Le Maire e Roberto Gualtieri di tenere duro sulla tassa che colpirà i giganti di Internet nei paesi dove realizzano i redditi (ma magari non hanno sede legale) incombe la minaccia dei dazi Usa. E in Italia, dove la web tax è già stata inserita nella legge di bilancio e scatterà tranne dietro-front dal 2021, l'ipotesi fa discutere.

Attenzione a non penalizzare anche le imprese italiane del digitale, dice Federico Tenga, co-fondatore di Chainside, una società che aiuta le imprese ad accettare pagamenti in bitcoin. "In generale - premette l'esperto che fa anche parte del gruppo di consulenti Mise per la blockchain parlando con l'Adnkronos - penso che una tassazione in questa direzione sia dannosa perché impatta anche sulle aziende italiane" oltre ad essere "particolarmente negativa per il fatto che in Italia esiste un capitale umano specializzato di laureati e diplomati che la rende competitiva per il mondo dei servizi, tra cui figurano quelli digitali: in questo senso , potrebbe essere controproducente penalizzare il settore".

Ma non solo: ci sono anche rischi a livello geopolitico visto che ormai viviamo in un mondo globalizzato. "Tassando Amazon e Google si va indirettamente a favorire i giganti cinesi del web che più che in Europa operano su altri mercati, soprattutto asiatici. Sarebbero meno intaccati quindi indirettamente si favorirebbero. E non so se questo sia auspicabile".

Secondo il vicepresidente di Facebook Nick Clegg è in atto "una battaglia per l'anima di internet": è vero? "Di sicuro in Cina il web è molto più controllato e censurato. Sono contrario al monopolio ma tra i mali di un mercato controllato meglio prevalga la Silicon Valley: forse Ue e Italia rischiano di peccare di provincialismo e di scarsa visione a lungo termine". Infine "far divampare una guerra commerciale non fa bene a un paese che esporta molto come l'Italia, in un situazione di protezionismo il paese verrebbe molto penalizzato", conclude Tenga.

Anche per il fiscalista e consulente d'impresa Alessandro Meloncelli "nel momento in cui Trump minaccia dazi sull'automotive europeo qualsiasi ipotesi di tassazione sui colossi del web è morta". Infatti "se il gettito che si punta ad ottenere in Italia si aggira sui 700 milioni di euro, il danno che deriverebbe dal dazio sull'automotive sarebbe incalcolabile" spiega.

"Se Trump mette un dazio sull'importazione delle auto o di vini del 25% Francia e Italia non possono nel concreto andare avanti", sottolinea Meloncelli. Quanto al progetto dell'Ocse, il fiscalista ricorda come "nel 2013 ha elaborato un primo modello ma è rimasto sulla carta" e mentre bozze sono circolate nei vari organismi internazionali dal Wto al Fmi "nulla è entrato in vigore".

Ma proprio su questo fronte potrebbero esserci sorprese positive. Dal World economic forum di Davos il segretario generale dell'Ocse, Angel Gurría annuncia: "siamo sulla strada giusta per una soluzione internazionale sulla web tax. Sono già da 2-3 anni che ci stiamo lavorando e dobbiamo evitare soluzioni nazionali che potrebbero creare divergenze". L'obiettivo dell'Ocse è quello di "arrivare a metà 2020 con una proposta".

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