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Giochi, "Caso italiano fa emergere gli effetti distorsivi del divieto alla pubblicità"

10 febbraio 2020 | 14.05
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Giochi,

Una spesa di 19,3 miliardi di euro (+2,1% rispetto al 2018) con vincite pari a 89,3 miliardi (+1,7%). Questi i numeri del comparto del gioco stimati nel 2019, di cui la parte online rappresenta l’8,5%. In particolare, il raffronto agosto-dicembre 2018 e agosto-dicembre 2019 (prima e dopo l’entrata in vigore del divieto di pubblicità) vede il business del gioco in aumento del 15,8%. Nel mese di gennaio 2020 gli italiani hanno speso 197,5 milioni di euro nei vari giochi online, con un incremento del 29% rispetto a gennaio 2019. Una crescita costante nonostante i provvedimenti governativi del decreto dignità con il divieto assoluto di pubblicità che non hanno precedenti in altre parti del mondo, almeno non in Europa. Sono questi i principali temi dibattuti al workshop 'Italian gambling advertising ban – Why is it a 'losing game'?' dell’Ice di Londra, la principale fiera internazionale sul gioco che si è appena conclusa.

"Ciò che sta accadendo in Italia dalla scorsa estate nel mercato del gaming e del betting porta con sé un messaggio importante, che dall’Italia dobbiamo trasmettere all’industria internazionale: vietare la pubblicità da parte di operatori legali e regolamentati non fa altro che aprire le porte a competitor illegali, i quali non tengono affatto in considerazione giocatori problematici", sottolinea Alexander Martin, il nuovo Ceo di Sks365, in occasione dell’evento organizzato da Logico, l’associazione che rappresenta i principali operatori del gioco legale online.

"Proteggere i giocatori, convogliando la domanda verso il circuito legale è l’obiettivo comune di regolatori e operatori. Il Decreto Dignità - sottolinea Martin - ha inciso negativamente, creando disinformazione e disorientamento nei confronti dell’utente, ovvero la difficoltà di distinguere ciò che è legale da ciò che non lo è. Il caso italiano è un monito per tutti su come non vanno affrontati due problemi così delicati e importanti come il gioco patologico e le infiltrazioni criminali nel settore. Nel caso italiano, è mancata l’occasione di dialogo e confronto con le Istituzioni governative, mentre è necessario che si lavori insieme con spirito costruttivo per bilanciare le esigenze di protezione dell’ordine e della salute pubblica con la necessaria sopravvivenza del settore dei giochi".

Il divieto generale nasce dall’esigenza di limitare il gioco d'azzardo problematico. I fatti mostrano che non funziona. Già un’indagine svolta dal Iss nel 2018 evidenziava che “solo il 19,3% dei giocatori che dichiarano di aver notato la pubblicità di un gioco d’azzardo ha scelto di giocare in base alla pubblicità vista o sentita, l’80,7% dichiara di non aver scelto di giocare in base alla pubblicità. I giocatori problematici scelgono più spesso (30%) dei giocatori sociali (14,5%) di giocare sulla base della pubblicità vista o sentita”.

Riguardo al segmento in cui gli operatori associati a Logico sono attivi, la stessa indagine dell’Iss evidenzia come i giocatori patologici per il gioco online sono una quota marginale rispetto ai numeri complessivi. Ma il divieto colpisce soprattutto il gioco online, che non ha altro modo di promuoversi, se non attraverso la pubblicità.

Sul divieto è intervenuto anche Pierre Tournier International Director dell’associazione europea Betting and Gaming Council, il quale ha sottolineato la mancanza di proporzionalità della normativa italiana, che non risulta supportata da alcun dato scientifico, soffermandosi sulla diversa iniziativa di altri Stati membri che hanno deciso di regolamentare più rigidamente la pubblicità delle attività di gioco.

"Il divieto di pubblicità e sponsorizzazioni introdotto in Italia si traduce nella rinuncia del Governo a regolamentare tali attività - aggiunge Valérie Peano, avvocato esperto di gaming e consulente legale di Logico -. Si è preferito 'gettare la spugna' piuttosto che intervenire seriamente sulla materia, introducendo ad esempio una classificazione dei giochi in base alla loro potenziale rischiosità come già esiste in altri paesi dell’Unione europea".

Il caso italiano, rileva, "fa emergere gli effetti distorsivi di un divieto che non raggiunge gli obiettivi di tutela dei consumatori e danneggia i concessionari. In attesa che i procedimenti giudiziari pendenti avverso il Decreto Dignità facciano il loro corso, con Logico sottolineiamo il ruolo propulsivo dell’industria nella canalizzazione della domanda di gioco nell’ambito di una offerta legale e responsabile".

Sulla regolamentazione del gioco online, l’Italia, conclude, "è ancora pioniera avendo per prima in Europa introdotto il registro unico dei giocatori online auto esclusi, per consentire a ciascun giocatore di escludersi trasversalmente su tutti i siti di offerta di gioco dei concessionari in Italia. Purché ovviamente stia giocando su di un sito di offerta di gioco legale, cosa che oggi, con il divieto di comunicazioni promozionali, è oggettivamente più difficile identificare. A mio giudizio c’è la possibilità che le cose possano cambiare e migliorare in futuro per gli operatori del settore".

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