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Sud: un piano da 123 mld fino al 2030, 21 mld in primo triennio per rilanciare investimenti

14 febbraio 2020 | 21.16
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Il ministro del Sud Giuseppe Provenzano (Fotogramma)
Il ministro del Sud Giuseppe Provenzano (Fotogramma)

Per il rilancio del Mezzogiorno il Piano Sud del governo prevede oltre 123 miliardi di euro. Nel breve termine, nel periodo 2020-22, ci sarà già un primo impatto da 21 miliardi di euro (+65% rispetto al triennio 2016-18) massimizzando l’impatto delle misure nella Legge di Bilancio 2020 per aumentare sensibilmente gli investimenti pubblici. E' quanto prevede il Piano Sud 2030 che è stato illustrato oggi dal ministro per il Sud e la Coesione territoriale Giuseppe Provenzano, assieme al presidente del Consiglio Giuseppe Conte, all’Istituto d’Istruzione superiore 'Francesco Saveri' di Gioia Tauro.

Le azioni su cui si concentrerà l’attività del Governo per rilanciare gli investimenti nel Sud nel triennio 2020-22, a parità di risorse disponibili e senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica, "garantiranno una maggiore dotazione di risorse e capacità spesa in conto capitale in media d’anno di circa 7 miliardi di euro, pari all’1,8 per cento del Pil del Mezzogiorno".

L'obiettivo viene conseguito mediante il riequilibrio delle risorse ordinarie, con l’effettiva applicazione della clausola del 34%; il recupero della capacità di spesa della politica nazionale di coesione (Fsc); il miglioramento dell’attuazione della programmazione dei Fondi Strutturali e di Investimento europei (Sie). Parte integrante del presente Piano "sarà l’attività di nuova programmazione per il periodo 2021-27, delle risorse della politica di coesione nazionale ed europea".

Tra i punti principali del Piano c'è quello di "un Sud rivolto ai giovani". In particolare si punta ad "investire su tutta la filiera dell’istruzione, a partire dalla lotta alla povertà educativa minorile, per rafforzare il capitale umano, ridurre le disuguaglianze e riattivare la mobilità sociale". Per conseguire questo risultato il piano punta a "scuole aperte tutto il giorno", "al contrasto alla povertà educativa e alla dispersione scolastica"; alla "riduzione dei divari territoriali nelle competenze"; al "potenziamento dell’edilizia scolastica"; "all'estensione No Tax area (senza penalizzare le Università)", e "all'attrazione dei ricercatori al Sud".

Ma non solo si punta nel Piano anche ad infittire e ammodernare le infrastrutture, materiali e sociali, come fattore di connessione e di inclusione sociale, per spezzare l’isolamento di alcune aree del Mezzogiorno e l’isolamento dei cittadini in condizioni di bisogno. Un Piano Sud del Mit di oltre 33 miliardi ma anche ad affrontare l'emergenza viabilità secondaria, ad istituire un Fondo infrastrutture sociali per comuni medi e piccoli, a realizzare nuovi nidi al Sud, a favorire l'inclusione abitativa per cittadini e lavoratori svantaggiati, a creare 'Case della salute' per l’assistenza integrata e al rinnovo della dotazione tecnologica sanitaria.

Inoltre si punta a rafforzare gli impegni del Green Deal al Sud e nelle aree interne, per realizzare alcuni obiettivi specifici dell’Agenda Onu 2030 e mitigare i rischi connessi ai cambiamenti climatici. In particolare è previsto un 'reddito energetico' per le famiglie; una sperimentazione di economia circolare; un potenziamento del trasporto sostenibile; contratti di filiera e di distretto nel settore agroalimentare; una gestione forestale sostenibile.

Inoltre nel Piano si punta a supportare il trasferimento tecnologico e il rafforzamento delle reti tra ricerca e impresa, nell’ambito di una nuova strategia di politica industriale. In particolare grazie ad un Credito d’imposta in ricerca e sviluppo al Sud; al rafforzamento degli Its al Sud; al potenziamento del “Fondo dei Fondi”; ad una Space Economy Sud e ad aiutare lo sviluppo di Startup tecnologiche al Sud. Inoltre il Piano punta a rafforzare la vocazione internazionale dell’economia e della società meridionale e ad adottare l’opzione strategica mediterranea, anche mediante il rafforzamento delle Zone Economiche Speciali (Zes) e i programmi di cooperazione allo sviluppo.

La creazione di lavoro buono, soprattutto per i giovani e le donne, è la premessa e la conclusione necessaria del Piano Sud 2030. Il tasso di disoccupazione dei giovani nel Mezzogiorno ha raggiunto il 48,4% del 2018, a fronte del 24% nel Centro-Nord. Il tasso di attività delle donne al Sud è pari al 41,6%, rispetto al 64,1% nel Centro-Nord e al circa 74% della media Eu-28. Un dato che conferisce alla questione di genere un carattere emergenziale e che richiede una risposta strutturale, accompagnato da un forte sgravio contributivo per anticiparne l’impatto. Per questo nel Piano Sud 2030 sono previste misure trasversali avviate o da avviare nel 2020, per rafforzare la competitività del sistema produttivo la creazione di buona occupazione per giovani e donne.

I prossimi step prevedono entro il 31 marzo 2020: un Dpcm per l’attuazione della cosiddetta clausola del 34%; la presentazione della relazione al Cipe sulla riprogrammazione del Fsc; l'approvazione Dpcm sulle modalità attuative del Fondo per gli investimenti in infrastrutture sociali. Entro il 10 aprile 2020 è atteso il Def che deve contenere la quantificazione finanziaria della politica di coesione nazionale per il ciclo 2021-27; entro il 30 aprile è attesa la sottoposizione al Cipe dei Piani Sviluppo e Coesione e entro il 30 giugno la condivisione con la Commissione Europea dello schema di Accordo di Partenariato per la Programmazione 2021-2027.

"Il Sud è un'opportunità, ce lo diciamo da troppi anni, ma questa opportunità troppo spesso è stata mancata", ha sottolineato il ministro del Sud Giuseppe Provenzano a margine della presentazione del Piano per il Sud a Gioia Tauro. "Quando una generazione va via in massa, non lo fa solo per mancanza di lavoro, perché a volte il lavoro manca anche nel resto del Paese, a volte le condizioni di lavoro sono pessime anche altrove, ma quando se ne vanno così tanti vuol dire che manca una prospettiva di futuro, da qui a 10, 20 anni per i nostri territori di origine. Ecco perché abbiamo voluto chiamare il nostro Piano 2030", aggiunge Provenzano.

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