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Jabil, dietrofront azienda e accordo salta

26 maggio 2020 | 10.17
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Ad un passo dall'intesa con i sindacati per evitare ulteriori 190 licenziamenti al sito di Marcianise, la multinazionale americana ha deciso di fare marcia indietro provocando la rottura del tavolo di confronto

(Immagine di repertorio - Fotogramma)
(Immagine di repertorio - Fotogramma)

Al termine di un'estenuante trattativa di tre giorni e ad un passo dall'accordo con i sindacati, con cui evitare al sito di Marcianise altri 190 licenziamenti, Jabil, multinazionale americana, ha deciso di fare marcia indietro sfilandosi dall'accordo faticosamente raggiunto nella notte e provocando la rottura del tavolo di confronto in corso al ministero del Lavoro.

Una doccia gelata per i sindacati ma anche per il governo a cominciare dal ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo che a quel punto , nell'impossibilità di accogliere le richieste aziendali ha rinviato il tutto ad un confronto diretto con i vertici americani per capire le ragioni dell'irrigidimento dell'azienda di Caserta. Incontro sospeso dunque e tanta rabbia.

Un dietrofront inspiegabile quello di Jabil, infatti, anche a detta dei sindacati. Eppure fino a quel momento le parti avevano disegnato un'intesa che avrebbe previsto il blocco dei 190 licenziamenti e l'utilizzo per questi lavoratori della Cig per Covid 19 per ulteriori 5 mesi, come stabilito dal Dl Rilancio. L'accordo avrebbe poi previsto, a sostegno dell'azienda, anche l'impiego del fondo nazionale di competenza per la formazione dei lavoratori. Non solo. Per rendere appetibile economicamente una eventuale uscita volontaria da parte dei lavoratori e per sostenere il loro ricollocamento l'intesa metteva in campo una serie di incentivi. I 190 lavoratori, dunque, sarebbero stati temporanemanete sostenuti di fatto dagli interventi dello Stato.

All'1,30 di notte, invece, il tavolo salta: agli americani non va giù la cosidetta "procedura sindacale" prevista dalla legge nel caso le aziende , al termine dello stop imposto fino al 17 agosto, volessero riattivare comunque la procedura di licenziamento per quei lavoratori che risultassero ancora in esubero. La norma prevede di prassi 45 giorni tra l'annuncio e il licenziamento.Ma l'atteggiamento di Jindal è granitico: ne bastano 6. Richiesta impossibile da accettare, dicono in coro sindacati e governo; contrasta con una legge dello Stato. Ma la multinazionale non molla e si trincera dietro "ordini" ricevuti dalla casa madre. A quel punto l'ira del ministro Catalfo monta: "se lei dice di prendere solo ordini, allora devo parlare con i vertici americani", scandisce. E il tavolo si rompe; sarà riconvocato ad horas, spiegano ancora i sindacati. "Mai vista una arroganza così. Uno schiaffo in pieno viso a governo e lavoratori", commenta Michele Paliani della Uilm.

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