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Contratti, Stirpe: "minacce sciopero incomprensibili, no prove muscolari"

13 settembre 2020 | 14.32
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Il vicepresidente di Confindustria con delega al lavoro e alle relazioni industriali all'Adnkronos sottolinea che con i sindacati c'è una lunga strada da fare ma la stella polare resta la produttività

Contratti, Stirpe:

"Le minacce di sciopero da parte del sindacato sui contratti ci risultano incomprensibili soprattutto se si tiene conto della situazione nei vari settori. Già dal 2009 avevamo cercato di creare relazioni industriali ordinate, fondate sulla condivisione di obiettivi: se a questo ora si vuole sostituire un sistema basato sulla forza, chi sarà complice o responsabile di questo salto di qualità nelle relazioni industriali se ne assumerà la responsabilità. Non penso che in questo momento il Paese abbia bisogno di queste prove muscolari, onestamente". Così il vicepresidente di Confindustria con delega al lavoro e alle relazioni industriali, Maurizio Stirpe, conversando con l'Adnkronos.

"Gli aumenti salariali devono essere ancorati a obiettivi di crescita dei settori produttivi ed il salario va aumentato ma solo in una condizione di sostenibilità perché non è una variabile indipendente che può aumentare in funzione di niente. La contrattazione si può fare solo se esiste una torta da redistribuire, altrimenti non può esserci", sottolinea.

"C'è ancora una lunga strada da fare, ci vuole pazienza e volontà di sedersi e completare questo percorso, insieme", spiega ancora Stirpe descrivendo lo sforzo che serve a sindacati e imprese per cercare di avviare a conclusione la stagione di confronto apertasi nel 2018 con il Patto della Fabbrica, nell'anno più duro di sempre e un'economia piegata dall'impatto del Covid.

"Se non si completano con urgenza gli avvisi comuni e non si chiudono i capitoli relativi ai perimetri del modello contrattuale e della rappresentanza sindacale, oltre che quelli relativi al welfare, al mercato del lavoro e alla partecipazione, difficilmente i nostri rapporti porteranno ad un miglioramento dei risultati operativi", spiega con l'urgenza di chi vorrebbe aprire anche altri tavoli di discussione, dalle pensioni post quota 100 alla riforma degli ammortizzatori.

Una "pazienza" che a Confindustria non manca, assicura Stirpe, mentre il sindacato "appare sempre tentato dal fare prima accordi con il governo per poi cercare di imporli a Confindustria". Ma la situazione economica, come certificano da ultimo i drammatici dati Istat sull'occupazione, soprattutto giovanile, accendono un faro sui contratti, sui loro rinnovi e sulle aspettative di un aumento in busta paga da parte di lavoratori e sindacati. Un terreno minato, questo, come dimostrano i rinnovi in salita di due grandi categorie private, gli alimentaristi e i metalmeccanici allo scontro proprio sugli incrementi salariali.

"I nuovi contratti devono essere ancorati a obiettivi di crescita dei settori produttivi e il salario va aumentato ma in una condizione di sostenibilità per il settore perché non è una variabile indipendente che aumenta in funzione di niente. La contrattazione si può fare solo se esiste una torta da redistribuire, altrimenti non può esserci", sintetizza. E alle tute blu che profilano l'eventualità di scendere in piazza se Federmeccanica non quantificherà aumenti corposi dice: ”le minacce di sciopero da parte del sindacato sui contratti ci risultano incomprensibili soprattutto se si tiene conto della situazione nei vari settori. Non penso che ora il Paese abbia bisogno di queste prove muscolari, onestamente".

Non solo. Più in generale Confindustria rivendica un'attenzione ai rinnovi contrattuali maggiore di quella di altri settori: "onestamente siamo quasi più virtuosi del settore pubblico a cui resta scoperto ancora il 90% dei rinnovi". Ma la parola d'ordine per gli imprenditori, la stella polare, resta l'aumento della produttività": "è questo il nostro obiettivo in questo momento.La competitività aziendale è importante quasi quanto la disponibilità ad avere aumenti di potere d'acquisto. Ma i dati ci dicono che in Italia, negli ultimi 10 anni, la produttività è cresciuta dell'1,2% contro l'8% di Germania Francia e Spagna.Un gap difficile da sopportare. Il problema dunque non è mai quanti soldi si danno ma il come : se i soldi sono commisurati all'obiettivo il problema non esiste", spiega ancora.

Per questo Confindustria preferisce guardare a quel "welfare contrattuale" che nell'attuale tornata di rinnovi sembra andare ormai stretta ai sindacati, soprattutto ai metalmeccanici che già hanno sperimentato il "rinnovamento" varato lo scorso triennio. "C'è una forte sottovalutazione da parte di Cgil Cisl e Uil del tema del welfare contrattuale che invece è l'unico modo di intercettare tutte le difficoltà che ci sono soprattutto ora nel mondo della sanità, delle pensioni, sui temi della formazione e della riqualificazione professionale dove sta emergendo con forza la necessità di avere organizzazioni sussidiarie al welfare statale", conclude.

(di Alessandra Testorio)

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