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Italiani e gioco d'azzardo, indagine Swg presentata a convegno Formiche

28 ottobre 2020 | 19.52
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(Fotogramma)
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Il gioco negli adulti rievoca l’innocenza perduta, si struttura in disciplina e sfida regole, nel giocare secondo le regole, ma quando si intreccia con il denaro, perdendo la sua innocenza. E’ l’incipit della ricerca “Da grandi si gioca” realizzata da SWG sul rapporto tra adulti italiani e gioco e presentata alla tavola rotonda “Il gioco buono: un alleato contro l’illegalità”, organizzata da Formiche.

Per gli italiani intervistati da SWG, un adulto che gioca giochi con vincite in denaro viene quindi visto come colui che “spreca denaro” (50%), “cerca di fare una grossa vincita per sistemarsi” (33%), “una persona malata” (21%), è “persona ammalata”. Solo per un intervistato su 8 è una “persona normale”.

La dimensione del rischio è quella maggiormente correlata alla pratica dei giochi con vincita in denaro. Questo è il crinale lungo il quale si svolge l’intera esperienza dei giochi d’azzardo; se si supera il confine, allora il gioco perde ogni sua piacevolezza e diventa patologia. Nell’immaginario dei non giocatori, il giocatore compulsivo è più spesso associato a situazione di marginalità (povertà, disoccupazione, bassa istruzione), mentre tra i giocatori assidui, a prescindere da quello che è il gioco giocato, l’immagine è molto più indifferenziata. La percezione della diffusione della ludopatia è fortemente distorta, con una visione del tutto simile a quella legata alla dipendenza da alcool.

“La ricerca conferma una percezione distorta del rapporto tra le persone e il gioco, come se in Italia ci fossero dati emergenziali sulla ludopatia, superiori anche ad altre dipendenze” osserva Riccardo Grassi direttore di ricerca di SWG. “Questa percezione è testimoniata anche dalla cultura e in particolare dalla filmografia, dove l’immagine romanzata contribuisce ad alimentare una visione che non corrisponde alla realtà. Il carattere di emotività nelle risposte è molto forte ed è difficile cogliere le dimensioni reali del fenomeno”.

Diversa è la considerazione sul gioco compulsivo a seconda di chi la commenta: per i giocatori controllati è qualcosa di ben presente nella propria realtà, ma molto distante. Riguarda certi giocatori che conoscono i “fuori controllo”. Per i giocatori in tensione, la compulsività riguarda tutti i giocatori. E’ una questione di intensità e consapevolezza: il compulsivo patologico, diversamente da loro, ha perso il contatto con la realtà.

Dalla ricerca emerge anche un’attribuzione di responsabilità non soltanto individuale. I singoli giocatori hanno la massima responsabilità ma sullo stesso piano, però viene collocato anche lo Stato e ad un gradino più in basso i Concessionari.

La percezione diffusa è che per quanto si parli molto dei problemi legati alle dipendenze da gioco, le azioni concrete di contrasto siano minime, bloccate dall’ambivalenza di fondo dello Stato che non vuole rinunciare alle importanti entrate fiscale generate da questo tipo di giochi. Gli italiani tuttavia non chiedono di vietare il gioco ma si aspettano dallo Stato maggiore severità: un divieto sarebbe “poco praticabile”, “non inciderebbe sulle patologie”, “Favorirebbe l’illegalità” e “procurerebbe un grave danno per lo Stato”, con alcune differenze di opinioni tra giocatori e non giocatori.

Quanto al futuro, si intravede uno scenario in cui “I giochi con vincita in denaro saranno solo on line” (19,4% molto probabile e 28,5% abbastanza probabile), “Ognuno di noi avrà una propria identità virtuale che permetterà di controllare eventuali eccessi di spesa” (22,4% molto probabile e 30,4% abbastanza probabile) “Ci saranno più giochi con vincita in denaro rispetto ad oggi” (28,7% molto probabile e 34,7% molto probabile) Le persone spenderanno di più in giochi con vincita in denaro rispetto ad oggi (23,7% molto probabile 35,9% abbastanza probabile) e in pochi credono che “Il problema della dipendenza da gioco sarà stato ridotto di molto” (47,7% per nulla probabile 28,5% poco probabile). Esce quindi molto forte il tema della digitalizzazione e quello della responsabilizzazione. Gli italiani chiedono che si rimetta al centro il giocatore.

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