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Crisi Covid, Cnel: "Colpiti circa 12 milioni di lavoratori"

09 gennaio 2021 | 14.34
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(Fotogramma)
(Fotogramma)

Il mercato del lavoro all’inizio del 2021 presenta più ombre che luci. La crisi conseguente alla pandemia ha colpito circa 12 milioni di lavoratori tra dipendenti e autonomi, per i quali l’attività lavorativa è stata sospesa o ridotta, in seguito al lockdown deciso dal governo per limitare l’aumento esponenziale dei contagi. È la fotografia che emerge dal 'Rapporto sul Mercato del lavoro e la contrattazione 2020' del Cnel.

Tra i problemi principali segnalati dal Rapporto lo scarso investimento pubblico sulle nuove generazioni (in particolare la parte che va efficacemente a rafforzare la loro formazione e l’inserimento solido nel mondo del lavoro): questo il principale nodo che vincola al ribasso le possibilità di crescita italiane, da sciogliere prima ancora che sul piano del rapporto tra giovani e lavoro, su quello più alto del ruolo delle nuove generazioni nel modello di sviluppo del Paese.

"Se non si inverte questa tendenza non solo si pregiudicano le prospettive economiche del Paese, ma si rischia di alterare in profondità il patto fra le generazioni che è un elemento costitutivo dell’assetto sociale, della sua equità e stabilità" si legge nel Rapporto.

Il tasso di disoccupazione ha il limite di non prendere in considerazione chi si scoraggia e non cerca più attivamente lavoro o chi, in ogni caso, decide di sospendere la propria attività di ricerca di un lavoro dipendente o è in attesa delle condizioni di avvio di una attività autonoma. Il tasso di Neet (Neither in Employment nor in Education or Training) include anche tali categorie di persone. Il valore di questo indicatore nella fascia tra i 25 e i 34 anni – fase della vita cruciale per la costruzione dei progetti di vita - era pari a 23,1% nel 2008, all’inizio della Grande recessione, mentre risulta pari a 28,9% nel 2019 (a fronte di una media europea pari al 17,3%).

Dal Rapporto emerge “la persistente debolezza dei percorsi formativi e professionali”. Sul lato della formazione, i dati Eurostat mostrano come l’Italia da tempo presenti una delle più basse percentuali di 15enni con competenze considerate indispensabili per costruire percorsi solidi di vita e lavoro nel XXI secolo. Bassa è anche l’incidenza di laureati (27,6% nella fascia 30-34 rispetto all’obiettivo europeo di salire, sempre entro il 2020, oltre il 40%). Inoltre, la quota di ragazzi tra i 18 e i 24 anni che non hanno completato la scuola secondaria superiore (early leavers) è scesa nella prima parte del decennio scorso da oltre il 18% a valori attorno al 14%.

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