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Decreto legge sulle popolari è incostituzionale, basta un socio per bloccarlo

23 gennaio 2015 | 20.36
LETTURA: 6 minuti

E' questo il parere raccolto in un'indagine fatta dall'Adnkronos in collaborazione con diversi studi legali specializzati in diritto bancario. La norma potrebbe essere bocciata dalla Consulta sia per quanto riguarda il profilo dell'urgenza che in relazione alla possibilità per il legislatore di incidere sulla libertà statutaria

 - bpvi
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Il decreto legge sulle banche popolari potrebbe esere "incostituzionale" perché viola l'articolo 77 della Costituzione ed è sufficiente che uno solo dei dieci istituti di credito coinvolti faccia ricorso contro la decisione del governo Renzi per poter ottenere, in teoria, la sospensione di una misura che il premier non ha esitato a definire "storica". Non solo: anche un solo socio potrebbe far causa alla banca e porre, di fronte a un giudice, la questione di legittimità rispetto al profilo d'urgenza. E' questo il parere raccolto in un'indagine Adnkronos fatta in collaborazione con diversi studi legali specializzati in diritto bancario.

Le prossime settimane, però, prima di aprire un eventuale confronto nelle aule giudiziarie sarà soprattutto una battaglia politica che si giocherà tra i banchi del Parlamento che ha 60 giorni di tempo per convertire il decreto. Diverse le strade che le banche possono imboccare: in primis non far convertire il decreto legge, in subordine cambiare le disposizioni rendendole 'meno contrarie' alle popolari coinvolte nella scelta dell'Esecutivo o far ricorso alla Corte Costituzionale sollevando il tema dell'urgenza oppure della possibilità per il legislatore di incidere sulla libertà statutaria.

Quello su cui tutti convergono è che, al di la della nota polemica di Assopopolare, l'associazione non potrà ricorrere contro un decreto di cui, al momento, si attende ancora la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. E se qualcuno, tra i diversi legali interpellati preferisce non commentare prima di leggere quanto verrà pubblicato, c'è chi rende comprensibile una materia ostica e svela le possibili mosse delle banche, da domani ai prossimi 18 mesi.

Due le questioni riguardo al profilo di incostituzionalità: il primo riguarda "il tema dell'urgenza. Di fronte a una situazione che si è protratta per anni - spiega Fabio Civale socio dello studio Zitiello e Associati - è legittimo sostenere che l'urgenza sussista e dunque decidere di intervenire con un decreto legge?". Non bisogna dimenticare che "Banca d'Italia aveva già operato una moral suasion" e da parte delle popolari era in corso una autoriforma con la consulenza dei professori Alberto Quadrio Curzio, Angelo Tantazzi e Piergaetano Marchetti.

Dello stesso parere anche l'avvocato Biagio Giancola, dello studio Giancola Teti & Associati con sede a Milano e Pescara, secondo il quale l'incostituzionalità riguarda lo strumento utilizzato dal governo "su una materia che non è 'consona' a una decreto, ma deve essere affrontata attraverso un normale iter di legge". Non solo: c'è anche la questione che riguarda "la possibilità per il legislatore di incidere sulla libertà statutaria. E' legittimo che possa farlo? Non dimentichiamo - sottolinea il legale Civale - che le banche sono soggetti privati".

Se il ricorso in via principale alla Corte Costituzionale non è contemplato in questo caso, bisognerà attendere l'iniziativa individuale di un socio oppure "che una sola banca coinvolta nella riforma, Assopopolare non è legittima a farlo, ricorra contro il provvedimento di Banca d'Italia'" che interverrà quando la banca deciderà di non adeguarsi alle riforme richieste. "Di fronte alla sanzione amministrativa, la popolare potrà impugnare il provvedimento di fronte al Tar e quindi sollevare la questione dell'incostituzionalità in via incidentale", sottolinea Giancola. "Il countdown - evidenzia il legale Civale - non è ancora attivato" e in attesa delle indicazioni di Via Nazionale la prima strada da tentare è quella di una battaglia politica.

Una visione condivisa da Aldo Dolmetta, ordinario di diritto all'Università Cattolica e socio dello studio legale D&S- Dolmetta e Salomone, secondo il quale il primo passo da parte delle banche popolari coinvolte nella riforma "sarà di non far approvare il decreto legge in 60 giorni, in subordine di cercare di cambiare le disposizioni rendendole 'meno contrarie'" a quanto chiesto dalle banche stesse, quindi potrebbero tentare il ricorso alla Corte Costituzionale che "non si preannuncia per nulla semplice", visto che "altre volte si è ricorso al decreto d'urgenza in casi 'dubbi'".

Due le ipotesi, in questo senso "il socio di una popolare può far causa alla banca e quindi di fronte a un giudice sollevare la questione di illegittimità; tema su cui il giudice deve dichiarare che la questione non è manifestamente infondata", oppure "i tempi si allungano e di molto" se la popolare ricorre al Tar, e di rimando alla Corte Costituzionale, dopo la sanzione di Banca d'Italia. La vera partita "schematica e lobbistica si gioca quindi nei prossimi 60 giorni", sottolinea Dolmetta. E c'è già chi sospetta che il premier Renzi possa usare la carta della fiducia contro chi, subito dopo il decreto legge sulle popolari, ha fatto sentire, con più o meno vigore, il suo dissenso.

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