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Carige: al via schema con Fitd paracadute e incognita soci

23 luglio 2019 | 19.09
LETTURA: 4 minuti

Mandato per convertire bond, Bce flessibile su scadenza 25 luglio

 - AFP
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Le tessere del puzzle Carige iniziano ad andare al loro posto ed entro qualche giorno il piano da 900 milioni per ricapitalizzarla (e salvarla da possibili liquidazioni o ricapitalizzazioni di Stato) dovrebbe essere in Bce per l'approvazione definitiva del supervisory board. Sulla data del 25 luglio, la scadenza decisa con i commissari per arriva a una quadra, l'authority, si apprende da una fonte finanziaria, sarà "flessibile" e concederà qualche altro giorno, dovesse servire. Con il suo via libera e quello di tutti i soggetti coinvolti, sarà convocata l'assemblea per l'aumento di capitale, forse già in settembre.

Ad ogni modo, il primo passaggio dello schema di operazione è arrivato: l'assemblea dello schema volontario del Fitd a Roma ha dato mandato all'unanimità al consiglio di convertire alla pari in azioni il bond subordinato di Carige, per una cifra pari a 313,2 milioni.

Il mandato è condizionato: la conversione avverrà quando l'istituto di credito avrà presentato il piano industriale da 900 milioni, di cui 200 milioni di bond convertibile e 700 milioni di aumento di capitale, con il coinvolgimento del Fondo interbancario obbligatorio e di Cassa centrale banca, che domani riunisce il suo cda.

La holding trentina delle Bcc dovrebbe intervenire con 70 milioni di euro per avere subito il 9,9% di Carige e la cifra è stata confermata dallo stesso Giuseppe Boccuzzi, direttore generale del Fitd, al termine dell'assise. Un altro tassello da verificare è la disponibilità del Credito sportivo e di Mediocredito Centrale sul bond da 200 mln.

Il primo, che dovrebbe metterci 150 milioni, ha convocato un cda per valutare l'eventuale partecipazione e in che misura intervenire. Il secondo, che dovrebbe sottoscrivere 50 milioni, non ha fissato consigli, ma, si apprende sempre, è disposto a fare quello che gli chiederà l'azionista (il Mef).

Nell'aumento da 700 milioni, 313 mln saranno quindi apportati dalla conversione del bond, 70 milioni da Cassa Centrale Banca e 150 milioni saranno riservati agli attuali soci, tra cui il maggiore, Vittorio Malacalza, sempre 'silente' sui passi avanti dell'affaire e sulla sua disponibilità a intervenire, in attesa che tutto venga formalizzato. Non pervenuti commenti nemmeno dagli altri 'vecchi' azionisti, Gabriele Volpi, Raffaele Mincione e Aldo Spinelli.

Quello che resta - circa 167 milioni - sarà coperto dal Fitd vero e proprio, il Fondo interbancario di Tutela dei depositi, che oggi ha riunito il consiglio per studiare l'operazione e ha in cassa risorse dalle banche consorziate più che sufficienti per garantire l'eventuale inoptato. Nel peggiore dei casi, le banche potrebbero sborsare oltre 300 milioni.

Tra i vertici del Fondo interbancario si respira un cauto ottimismo. Senza intoppi, i prossimi passaggi dovrebbero essere questi: dopo l'offerta di Ccb e il sì dei due soggetti pubblici al bond, i commissari presenteranno il nuovo piano da 900 milioni di euro.

La manovra finanziaria è più alta dei 630 milioni del piano precedente perché Sga, che aveva già presentato un'offerta vincolante per 1,9 mld di crediti deteriorati di Carige, ne comprerebbe in tutto 2,8 mld - 3 mld, circa un miliardo in più. Il resto delle inadempienze probabili, circa 500 milioni, del totale dei crediti lordi a bilancio (3,54 mld) resterebbe in banca, probabilmente in quanto giudicati facilmente recuperabili.

La settimana che arriva sarà decisiva: altri piani con altri investitori non sembrano ad oggi possibili e la Bce non concederà altre settimane ai commissari.

Ad agitare lo spettro della liquidazione è Riccardo Colombani, segretario generale di First Cisl. "La decisione del Fitd è un passo nella direzione giusta, ma l'operazione di sistema, sebbene necessaria, non è ancora sufficiente a garantire l'occupazione ed il radicamento della banca sul territorio. Se il piano di salvataggio, nel cui disegno deve essere coinvolta la famiglia Malacalza, non andasse in porto - osserva – si aprirebbe la strada alla liquidazione coatta amministrativa, che comporterebbe costi a carico del sistema bancario stimabili in dieci miliardi di euro. Un esito di questo tipo si rivelerebbe drammatico anche per le famiglie e le imprese beneficiarie di prestiti".

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