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Mercati: Allegri, un trimestre tra luci e ombre

16 ottobre 2019 | 17.44
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Mercati: Allegri, un trimestre tra luci e ombre

A cura di Alessandro Allegri, ad di Ambrosetti Asset Management Sim

La fase estiva appena conclusasi ha registrato un certo nervosismo sui mercati finanziari. Sebbene i numeri finali del trimestre evidenzino un saldo tutto sommato positivo, quello appena trascorso è stato un periodo denso di incertezza con molte tematiche di carattere non solo economico riemerse a generare ulteriore insicurezza circa la solidità del ciclo economico in essere. Il riaccendersi dei temi legati alla guerra commerciale, oltre ai paventati dubbi circa la liquidità del sistema statunitense, unitamente alla indefinita questione Brexit ed alle tensioni sul prezzo del petrolio sono solo alcuni degli elementi che hanno caratterizzato gli ultimi mesi.

Gli investimenti azionari, in questo contesto, hanno vissuto alterne vicende, frapponendo ad iniziali positività altrettanto significative fasi di correzione che stanno rendendo sicuramente più impegnativo il controllo del rischio complessivo dei portafogli. Il trimestre si è concluso con risultati attorno al +2% per Giappone ed Area Euro, l’America si ferma a +1% mentre si registrano flessioni per l’Inghilterra e per buona parte dei mercati emergenti trainati dalla negatività di Hong-Kong e dei mercati asiatici. Molto positivi invece Brasile e Turchia. A livello settoriale la selettività è stata significativa, solo Utilities, Ciclici, Technology e Telecom hanno registrato rialzi mentre per gli altri le flessioni sono state generalizzate ed in alcuni casi molto marcate (Energy -6.7%, Material -4.11%). Certamente il comparto delle materie prime ha vissuto il maggior nervosismo con il Petrolio che ha alternato discese e salite di significativo impatto chiudendo il trimestre attorno a -7%, mentre lo scenario di un debito che offre rendimenti negativi appare una situazione ideale per l’Oro che ha attirato molti investitori nell’ultimo periodo (+4.4% nel trimestre) alla ricerca di alternative di investimento e diversificazione.

Certamente, in questa fase, la ricerca di porti sicuri da parte degli investitori ha favorito le obbligazioni spingendo i rendimenti nuovamente verso i minimi storici con i Bund trentennali tedeschi entrati per la prima volta in territorio negativo. Le performance degli ultimi tre mesi riflettono questa dinamica con salite importanti e generalizzate sui governativi sviluppati (Usa +2.4%, Italia +8.2% e Germania +2.1%). Bene anche Corporate e HighYield mentre le maggior incertezze si sono viste sugli Emergenti.

Sul lato valutario il mercato si è confermato stabile con una generale tendenza dell’Euro alla debolezza. Nonostante perdurino le tensioni da guerra commerciale, ad oggi, un po' contro logica, gli impatti misurati sui tassi di cambio sono stati decisamente contenuti con oscillazioni negli ultimi mesi inferiori rispetto ai comportamenti tipici. In ottica prospettica è proprio questo eccesso di tranquillità a preoccupare soprattutto misurando il rischio che il confronto serrato per l’egemonia commerciale fra Usa e Cina trasferisca le tensioni proprio sugli equilibri tra le valute scatenando un repentino aumento della volatilità.

A fronte di dati poco brillanti e dinanzi ad un deciso ed in parte sorprendente rallentamento economico, stanno crescendo le pressioni sulle banche centrali che hanno oramai assunto il ruolo di unico baluardo anticrisi. Le politiche monetarie sono tornate ad essere accomodanti, ma le economie faticano a rientrare su soglie di crescita almeno accettabili e con questi livelli di tassi d’interesse, sorge qualche dubbio circa gli spazi di manovra ancora disponibili alle autorità monetarie. Ma è proprio su questa analisi che gli scenari potenziali si devono dividere in modo netto in quanto ogni area sta presentando criticità e possibilità differenti. In America, trovandoci nella fase finale di un ciclo economico maturo, la Federal Reserve sembra avere ancora una varietà di strumenti ai quali attingere per supportare l’economia Usa.

Ci sono infatti margini per ridurre i tassi con tagli preventivi per mantenere la crescita economica oltre alla possibilità di attivare politiche fiscali in grado di sostenere i redditi reali e far ripartire la domanda interna. Ma se guardiamo alle altre aree sviluppate la situazione è ben diversa. In Europa solo alcuni paesi probabilmente possono permettersi di attuare politiche fiscali adeguate e di certo manca la possibilità di un lavoro congiunto tra i governi in tal senso, mentre, se si guarda al livello dei tassi, i margini di manovra al ribasso sono pressoché esauriti essendo oramai per buona parte già tutti in territorio negativo come del resto risulta per il Giappone. Se dunque, negli Stati Uniti qualche inghippo tecnico alimenta dubbi sulla disponibilità di liquidità, in Europa e Giappone il problema è diametralmente opposto. La disponibilità monetaria è alta ma è intrappolata tra Bond governativi che non rendono o addirittura costano e livelli di fiducia delle imprese talmente bassi da soffocare il ciclo economico. Un dilemma in cui le nuove misure di politica monetaria sono candidate ad essere meno efficaci rispetto a quanto ottenuto in passato.

In generale il dubbio più grande è dunque ora di carattere strategico. Gli interventi possono attutire gli impatti negativi di breve termine ma l’atteggiamento accomodante rischia di aumentare la possibilità di uno shock futuro più grande senza supporti politici e fiscali adeguati e se ciò avvenisse le banche centrali si troveranno con ancora meno strumenti a disposizione per combattere il problema.

Sebbene le incertezze esogene permangano ed i dati macroeconomici evidenzino un rallentamento nell’immediato il livello delle preoccupazioni appare per certi versi eccessivo nel condizionare l’approccio degli investitori per il trimestre entrante. Continuerà dunque la caccia al rendimento e sul fronte Bond ne beneficeranno soprattutto le obbligazioni societarie, meglio se Investment Grade di qualità per contenere il rischio mentre le valutazioni azionarie dovrebbero proseguire a beneficiare dei bassi rendimenti obbligazionari confermando la dinamica positiva in atto sebbene con ritmi di crescita misurati più contenuti rispetto alla prima parte dell’anno.

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