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A Venezia Carnevale minato da concorrenza cinese

24 febbraio 2014 | 16.51
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A Venezia Carnevale minato da concorrenza cinese

Venezia, 24 feb. (Labitalia) - "La contraffazione continua a minare il made in Italy carnevalesco per eccellenza: le maschere e il tricorno veneziano". A lanciare l'allarme è Raffaele Dessì, coreografo e studioso di danze antiche e collaboratore di Francesco Briggi, che, da oltre dieci anni nell'atelier Pietro Longhi, è il punto di riferimento per rievocatori, amatori della storia del costume e del Carnevale veneziano. "Sicuramente, anche quest'anno - dice a Labitalia - subiamo la concorrenza dei cinesi, con la svendita di pseudo tricorni e tricornini su bancarelle improvvisate sulla laguna".

"Una concorrenza sleale - avverte - che viene fatta però sulla pelle di qualcuno, calpestando i diritti del lavoro a cui, però, noi non vogliamo assolutamente rinunciare. Certo, molti articoli cinesi sono pressochè identici ai nostri, ma oltre alla qualità, ribadisco, c'è dietro tutta una serie di ingiustizie che alla fine del processo produttivo si traducono con la vendita prezzi stracciati". "Fortunatamente, non sono poche - continua Dessì - le persone che considerano le nostre creazioni delle eccellenze e che, quindi, pur di averle, sono disposte a qualche sacrificio economico in più".

Il made in Italy e l'esperienza Longhi non rimangono però chiusi nell'atelier. "Ospitiamo giovani apprendisti - ricorda Raffaele Dessì - garantendo loro tre mesi di tutoraggio per imparare un mestiere che non può essere dimenticato". "La nostra idea -sottolinea- è quella di passare ai giovani una tradizione che non può e non deve morire. Anche perchè nessuno potrà mai rubarci l'arte nel 'fare le cose', anche se continuiamo a tramandarle". "I nostri giovani apprendisti - avverte - provengono soprattutto dal Nord Europa, dove esistono dei corsi di laurea in Storia della moda. Da noi, questi ragazzi hanno la possibilità di concretizzare quanto appreso sui libri. Del resto - rimarca Raffaele Dessì - è curioso che proprio nello stato-capitale della moda mondiale, come l'Italia, non esista una laurea del genere".

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