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Jobs Act: il giudizio dalle fabbriche, su precarietà serviva più coraggio

23 febbraio 2015 | 17.53
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Le voci degli operai con Labitalia.

Jobs Act: il giudizio dalle fabbriche, su precarietà serviva più coraggio

Sul Jobs Act 'serviva più coraggio'. E' il messaggio indirizzato al governo che arriva dalla voce degli operai nelle fabbriche.

"Il governo doveva osare di più con il Jobs act -spiega a Labitalia Raffaele Apetino, operaio alla catena di montaggio dello stabilimento Fca di Pomigliano d'arco, delegato Rsa e segretario regionale della Fim Cisl con delega al mercato dell'auto- cancellando tutte le forme di precarietà come le false partite Iva. Il governo ha perso una grande occasione. E poi serviva uno sforzo in più anche sui licenziamenti collettivi e su questo credo anche che Fim e Cisl devono continuare a chiedere interventi".

E per Apetino il sindacato può svolgere un ruolo fondamentale per lo sviluppo del Paese. "Invito il premier -continua Apetino- a venire a Pomigliano d'Arco a conoscere uno stabilimento europeo d'eccellenza, con un sindacato, la Fim Cisl, che ha un'età media di 36 anni e pensa al lavoro e non si perde dietro a demagogia e sciopero".

Scendendo più a Sud, in un altro stabilimento della Fca, a Melfi, il giudizio sul provvedimento del governo non è positivo. Per Dino Miniscalchi, operaio alla verniciatura alla Sata di Melfi e delegato sindacale Fiom, "per i ragazzi che entrano oggi in fabbrica questo provvedimento può sembrare una risorsa, una possibilità di entrare al lavoro, ma poi ben presto scopriranno che è solo fumo negli occhi". "Se inizialmente li fa uscire da una situazione ricattatoria dei contratti a termine e a progetto -sottolinea a Labitalia- poi scopriranno che in realtà è solo un indebolimento del futuro".

Per Miniscalchi, "con questo provvedimento si punta a dividere gli uni dagli altri, tra cosiddetti garantiti e coloro che non lo sono". "Ma in realtà - avverte - sono tutti a pagare, visto che i licenziamenti economici sono un provvedimento percorribile in tutte le aziende e per quelli discriminatori resta la reintegra, ma sfido a trovare un datore di lavoro che attua un licenziamento disciplinare con causa discriminatoria. Ci stanno bene attenti...".

Risalendo l'Italia e arrivando all'Ast di Terni, il giudizio non cambia: "In prima battuta -sottolinea a Labitalia Riccardo Marcelli, impiegato della Ast di Terni e segretario regionale della Fim Umbria- si può dire che servivano più interventi per il futuro del lavoro e che sarebbe servito più coraggio sulla lotta alla precarietà e sulla garanzia del lavoro nel contratto a tutele crescenti".

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