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1 maggio: Roma (Censis), oggi è festa del lavoro svalutato

30 aprile 2015 | 13.56
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Per il sociologo, "nella composizione del reddito degli italiani pesa per meno della metà". E in occasione del Primo maggio nasce il sindacato Labor (video), mentre la Confsal non festeggia

Giuseppe Roma
Giuseppe Roma

Per alcuni è una giornata di vacanza, per altri una giornata di rivendicazioni. Fatto sta che il 1° maggio è ancora una festa con un senso e un significato profondo, come spiega a Labitalia Giuseppe Roma, sociologo e senior advisor Censis che però avverte: "E' una festa del lavoro 'svalutato". "Intanto è una grande festa in tutto il mondo e solo negli Stati Uniti viene festeggiata a settembre -dice Roma- e poi il lavoro è sempre un qualcosa che ha a che vedere con la realizzazione delle persone e, quindi, anche se oggi si fanno lavori più puliti e meno inquinanti che in passato (pur ricordandoci che ci sono ancora incidenti sul lavoro e condizioni difficili persino nei paesi sviluppati) chi oggi ha un lavoro è considerato classe media".

"E questa classe media -aggiunge Roma- oggi ha tanti altri problemi, di natura familiare, di assistenza, di welfare, di lavoro per i figli. Quindi le problematicità legate al lavoro non sono solo tra le mura della fabbrica o nell'ufficio. Poi, anche nelle condizioni di lavoro, ci sono oggi elementi più impalpabili, come quelli relativi alle relazioni o al mobbing".

Insomma, riassume Roma, "i problemi restano, ma io penso che il 1° maggio non vada dedicato solo a coloro i quali soffrono lavorando". "Lo dovremmo dedicare - sostiene - al fatto che il lavoro in sé viene svalutato: nella composizione del reddito degli italiani oggi il reddito da lavoro pesa per meno della metà, perché molte persone hanno una pensione, o rendite di tipo finanziario e il lavoro si è un po' svalutato come valore".

Questo segna una forte discontinuità con il passato. "Per le persone della mia generazione -osserva Roma- il lavoro era il modo di realizzarsi e non solo un modo per sopravvivere. Chiaro che oggi viviamo tra molte incertezze e questo chi lavora lo sente moltissimo".

In questo quadro, i giovani e la loro massiccia presenza ogni anno al 'Concertone' di San Giovanni, a Roma, meritano un discorso a parte. "Oggi la comunicazione dei valori -spiega l'esponente del Censis- ha le strade più diverse: ci sono i social media, c'è la cultura, c'è la musica e quindi il 1° maggio come momento per stare in piazza per sentire un concerto non è di per sè una variazione negativa".

Per Roma, invece, "nella cultura giovanile è proprio il lavoro che ha cambiato verso, e non soltanto per le condizioni difficili che i ragazzi incontrano nell'accesso al lavoro, ma per quelle che riscontrano nell'avere un lavoro non dico sicuro, ma che possa consentire di svolgere una vita attiva, di farsi una famiglia, di avere una prospettiva".

"Il contesto in cui i giovani lavorano o comunque esprimono il loro rapporto con lavoro si è deteriorato -spiega Roma- e i più attivi rischiano di lavorare con piacere all'estero magari facendo lavori umili, ma che evidentemente producono maggiore soddisfazione perché il contesto entro cui avvengono è più certo, con punti di riferimento più precisi".

In Italia, sottolinea ancora il sociologo, "invece è tutto estremamente variabile". "La cultura che abbiamo trasmesso ai giovani è una cultura di incertezza, in cui non si può fare nulla e in cui qualunque iniziativa va a sbattere contro la burocrazia", dice.

"E' chiaro che il valore del lavoro per i giovani ha mutato verso -osserva-volgendo verso una vita personale fatta di altri interessi e soddisfazioni che non sempre coincidono con il lavoro. C'è uno sgretolamento del senso del lavoro e allora ci si trova in piazza a sentire la musica perché questo è un momento di socializzazione importante", conclude.

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