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Jobs Act: Adapt, mettere contrattazione tra ragioni privacy e impresa

22 giugno 2015 | 14.44
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Il commento dell'Associazione fondata da Marco Biagi: 'Deregolamentazione dei controlli a distanza nel decreto sulla semplificazione'

Jobs Act: Adapt, mettere contrattazione tra ragioni privacy e impresa

Da una parte le ragioni della privacy del lavoratore, dall'altra quelle dell'impresa e dei criteri di efficienza. Il recente decreto sulla semplificazione in materia di lavoro, attuativo del Jobs Act e approvato in questi giorni in via preliminare dal Consiglio dei ministri, che dà il via libera a controlli a distanza su pc e telefonini aziendali, ha riacceso una discussione sul rapporto tra privacy e lavoro, che forse potrebbe essere risolta da uno strumento: "La contrattazione collettiva".

A sottolineare le criticità di quella che è una riforma dell’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori, sono i giuslavoristi di Adapt, l'Associazione per gli studi internazionali e comparati sul diritto del lavoro e sulle relazioni industriali, fondata da Marco Biagi. In un'approfondimento pubblicato sull'ultimo Bollettino Adapt, a firma di Serena Santagata, si spiega che, nonostante le rassicurazioni espresse dal ministero del Lavoro, "appare innegabile che da una prima lettura dell’art. 23 del decreto attuativo emerga una vera e propria deregolamentazione dei controlli visto l’ampio e generico richiamo all’eventualità che i dati che ne derivano possano essere utilizzati ad ogni fine connesso al rapporto di lavoro, compresi dunque i fini disciplinari".

E non basta, sottolinea l'articolo, consegnare al dipendente un foglio in cui lo si informa di possibili controlli. "Puntare sulla responsabilizzazione e sull’uso corretto e consapevole -spiega Santagata- degli strumenti di lavoro da parte del lavoratore, fornendogli semplicemente un documento illustrativo, appare un argine non sufficiente a limitare le potenzialità di un'apertura verso i controlli aziendali così dirompente come quella che si sta delineando. Lo stesso richiamo, nell’art. 23, nella nota del ministero e nelle dichiarazioni del ministro Poletti alla normativa sulla privacy, non appare incisivo".

Le novità più significative sui controlli a distanza riguardano di fatto i dispositivi tecnologici come pc e smartphone forniti ai dipendenti, e gli strumenti per verificare accessi e presenze come i badge (per installare impianti audiovisivi saranno ancora necessari l’accordo sindacale o l’autorizzazione da parte del ministero del Lavoro).

L'utilizzo degli strumenti di controllo, ricorda Adapt, "non può realizzarsi in contrasto con la normativa presente nel nostro ordinamento giuridico in materia di protezione dei dati personali (decreto legislativo n.196/2003), e dunque sempre nel rispetto dei principi di liceità, correttezza, necessità, pertinenza, completezza e non eccedenza". E, per quanto riguarda il web, le Linee guida del Garante per posta elettronica e Internet del 2007 stabiliscono che "i datori di lavoro pubblici e privati non possono controllare la posta elettronica e la navigazione dei dipendenti, se non in casi eccezionali e che spetta al datore di lavoro definire le modalità d’uso di tali strumenti".

Nello specifico, l’Autorità vieta la lettura e la registrazione delle e-mail, così come il monitoraggio cronologico delle pagine web visualizzate dal lavoratore, perché ciò rappresenterebbe un controllo a distanza dell’attività lavorativa, vietato dallo Statuto dei lavoratori. Ancora, il provvedimento prescrive l’adozione da parte delle aziende di un disciplinare interno. Il datore di lavoro è inoltre tenuto ad adottare ogni misura in grado di prevenire il rischio di utilizzi impropri, così da ridurre controlli successivi sui lavoratori.

Ma, spiega Santagata, "una volta diffusa una sorta di libretto delle istruzioni su come usare Internet, tablet e posta, è difficile non immaginare la conseguente applicazione di sanzioni disciplinari in caso di condotte scorrette, visto che con il decreto sulla semplificazione viene stabilito che i dati raccolti dai controlli possono essere impiegati per ogni fine connesso al rapporto di lavoro". "Difficile non immaginare anche che proprio questo sconfesserà gran parte di quanto contenuto nelle citate Linee Guida", avverte.

La partita si gioca dunque tra "le ragioni dell'imprenditore e i principi sanciti agli articoli 41 e 42 della Costituzione a tutela dell’iniziativa economica e della proprietà, e i valori costituzionali della riservatezza e onore della propria identità e personalità".

"Una risposta a questa domanda potrebbe venire, ancora, dalla contrattazione collettiva che, seppur apparentemente marginalizzata nel processo di modifica dell’art. 4 dello Statuto, potrebbe intervenire in materia in quanto strumento privilegiato per la definizione di un punto di equilibrio dinamico tra gli interessi dei lavoratori e quelli delle aziende", conclude la ricercatrice.

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