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Montagna: in 30 anni superficie ghiacciai ridotta del 40%

22 maggio 2014 | 18.17
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Presentati oggi all'Università Statale di Milano i risultati del Nuovo Catasto dei Ghiaccia Italiani realizzato dall'equipe del dipartimento di Scienze della Terra

Ghiacciaio dei Forni
Ghiacciaio dei Forni

Oggi sono 896 mentre negli anni '50 erano 824: i ghiacciai italiani sono aumentati di numero ma questa non è una buona notizia. Il numero è infatti aumentato per via dell'intensa frammentazione, sistemi glaciali complessi riducendosi si dividono in singoli ghiacciai più piccoli, mentre la superficie dagli anni '80 è passata da 609 kmq agli attuali 368 kmq.

Sono stati presentati oggi all'Università Statale di Milano i risultati del Nuovo Catasto dei Ghiaccia Italiani realizzato dall'equipe del dipartimento di Scienze della Terra, con il contributo di Levissima e in collaborazione con l'associazione EvK2Cnr e il Comitato Glaciologico Italiano. I precedenti catasti risalgono al 1962 e al 1984 e rispetto ai dati rilevati allora, risultano visibili gli effetti e l'impatto sui ghiacciai italiani del cambiamento climatico in corso: aumento del numero, sensibile riduzione della superficie e del volume, cambiamento della morfologia stessa del cuore freddo delle Alpi.

In gran parte i ghiacciai italiani risultano essere di piccole dimensioni con un valore areale medio di 0,4 kmq. Un dato significativo poiché le ridotte dimensioni espongono in maniera esponenziale i ghiacciai a ulteriori fenomeni di fusione dovuta all'innalzamento delle temperature medie annuali. Le novità non sono solo dovute ai cambiamenti climatici ma in alcuni casi anche ai risultati dei nuovi studi: il ghiacciaio più vasto è risultato essere infatti non più quello dei Forni come indicato nel precedente catasto ma il ghiacciaio del complesso Adamello-Mandrone che grazie a recenti rilievi si è scoperto essere composto da un corpo glaciale unitario.

’’Nonostante sia tutt’ora in atto una lunga fase di regresso glaciale, l’incremento della copertura detritica superficiale potrebbe ridurre i ritmi di fusione, mentre l’incremento di polveri naturali o antropiche potrebbe aumentarla. La variabilità meteo-climatica, con inverni molto nevosi ed estati fresche ed umide, favorirebbe inoltre periodi di rallentamento di questa attuale fase negativa”, spiega Claudio Smiraglia, a capo del progetto di ricerca. ”A fine estate 2013, ad esempio, la riduzione di spessore di molti ghiacciai italiani è stata minore rispetto a quella registrata negli anni precedenti, a causa delle forti nevicate dell’inverno 2012-2013. E’ chiaro che, per avere una vera e propria inversione di tendenza, dovrebbe verificarsi una successione, almeno decennale, di queste caratteristiche meteo-climatiche, come quella del 1965-1985”.

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