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In 3 anni strage di lupi, allarme Legambiente: "Il 40% vittima del bracconaggio"

28 dicembre 2015 | 14.42
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(Foto Legambiente)
(Foto Legambiente)

I lupi sono tornati a vivere nei nostri territori, ma continuano ad essere vittime dell'uomo e bersaglio di gravi atti di bracconaggio. Nel triennio 2013-15 in Italia sono stati trovati morti per cause non naturali ben 115 lupi, più del 40% dei quali ucciso con armi da fuoco (24,3%), avvelenato (10,5%) o torturato con i lacci (6 %). Il restante 45,6% dei decessi è per investimento stradale, una causa comunque imputabile alle attività dell’uomo, il 13,2 per motivi incerti e meno dell’1% per aggressione da parte di altri canidi. E' la Legambiente a scattare la crudele fotografia, "una vera e propria persecuzione", afferma l'associazione ambientalista.

Un'esecuzione, avverte, "alimentata da castelli di false credenze e pregiudizi, a danno di una specie importantissima della nostra fauna selvatica che invece, proprio grazie alle azioni di tutela portate avanti nei Parchi dagli anni ’70 ad oggi, sta uscendo dal rischio di estinzione e si stima che in Appennino abbia una popolazione di circa 1500 esemplari".I dati sono resi noti dal Parco Nazionale della Majella e da Legambiente a due anni dalla conclusione del progetto Life Wolfnet, che fra le varie azioni di tutela del lupo aveva lo scopo di rilanciare le attività dei "R.I.S dei lupi", delle squadre specializzate composte da veterinari, biologi e forestali capaci di analizzare i casi di decesso di lupi, così da stabilirne con certezza le cause, avere maggiori elementi per accertare i colpevoli e mettere in campo le necessarie azioni di contrasto.

Tra le regioni guida questa triste classifica si colloca la Toscana con 22 lupi uccisi negli ultimi tre anni di cui ben 10 per arma da fuoco. Seguono il Piemonte e l’Abruzzo con 18 casi ciascuno, sebbene va evidenziato che per il Piemonte si tratta soprattutto di incidenti stradali. "E' importante evidenziare che le cause di decesso dei lupi, se si escludono quelle accidentali come gli investimenti stradali, sono riconducibili ad azioni illegali e di bracconaggio, reati punibili per legge, tanto più inaccettabili se si considerano gli sforzi fatti dal nostro paese dal sistema dei Parchi e delle aree protette nel campo della ricerca e della conservazione per consentire che questo predatore, essenziale per ristabilire gli equilibri naturali, ritornasse a popolare i nostri territori" afferma Antonio Nicoletti Responsabile Parchi di Legambiente.

"Non è raro, inoltre, -continua Nicoletti- che in alcune zone i lupi siano stati uccisi dai bocconi avvelenati rilasciati nelle tartufaie, una pratica barbara per colpire i cani dei competitori che stermina senza distinzione anche la fauna selvatica, lupi compresi". E’ perciò, esorta, "quanto mai urgente mettere in campo tutte le contromisure necessarie per fermare questo fenomeno e ridurre il conflitto tra presenza del lupo e attività umane". "Il primo passo fondamentale -osserva Franco Iezzi, Presidente del Parco della Majella- è quello di mettere in campo un’azione trasparenza capace di migliorare la conoscenza sulla reale diffusione ed espansione del lupo in Italia, cominciando a smantellare leggende ancora molto diffuse e radicate, soprattutto nei territori dove il conflitto con l’uomo è più aspro, che ancor oggi insinuano che il lupo sia stato reintrodotto con rilasci di esemplari nelle aree protette. Il lupo non è mai stato reintrodotto, il ripopolamento è avvenuto per cause 'naturali', perché se ne è vietata la caccia e i parchi ne hanno tutelato la presenza".

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