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Ambiente: Italia delle bonifiche, i veleni della Valle del Sacco/ Focus

04 febbraio 2016 | 17.41
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Ambiente: Italia delle bonifiche, i veleni della Valle del Sacco/ Focus

Industrie, rifiuti tossici, inceneritori e vere e proprie discariche a cielo aperto. E’ la valle del Sacco, o meglio, la valle dei Veleni: l’area che si estende da Colleferro a tutta la provincia di Frosinone. Anni di sversamenti e contaminazioni e a distanza di oltre 10 anni è ancora tutto fermo. Eppure, ci troviamo nel terzo sito più inquinato d’Italia, dopo Casale Monferrato e l’area del Sulcis. Un’area che si stima estendersi per almeno 7mila ettari. (Mappa e foto) (Video)

L’area contaminata si sviluppa lungo tutto il fiume Sacco, comprendendo terreni agricoli contaminati dalla molecola beta-esaclorocicloesano e da metalli pesanti, ma anche da altre tipologie di rifiuti tossici. Dall’amianto della ex Cemamit di Ferentino ai veleni della discarica di via Le Lame di Frosinone. E a pagarne le conseguenze è ancora una volta la salute dei cittadini…

Nella prima indagine epidemiologica, spiega Alberto Valleriani, presidente Rete tutela Valle del Sacco, “su 246 persone 137 sono risultate contaminate, ossia il 55% della popolazione”. La seconda indagine ha ampliato il campione e ha analizzato “circa 6-700 persone che, oltre a riconfermare la percentuale dei contaminati, ha cercato di stabilire anche dei nessi tra la sostanza e alcune patologie tra cui quelle relative alle ghiandole surrenali, alla fertilità femminile e al sistema cognitivo e quindi al sistema nervoso centrale”.

Limitando la cifra ai soli costi di recupero e ripristino dell'area della Valle del Sacco, l'Ispra valuta in 660 milioni di euro il danno ambientale complessivo. In tutto, però, tra fondi ministeriali, regionali e comunitari la cifra stanziata ammonta attualmente a circa 30 mln di euro. E in più di 10 anni è stata certificata la bonifica solo del 20% di tutta l'area.

Il tempo passa e il rischio è di perdere anche quel poco che è stato fatto. Dopo un primo intervento per tamponare l'emergenza, infatti, sono stati costruiti 18 nuovi pozzi barriera per prelevare e ripulire le acque in falda. Un lavoro, che alla società immobiliare che detiene l'area, è costato 4,5mln di euro. Ma i pozzi, da 5 anni pronti, non sono mai entrati in funzione, bloccati dalla burocrazia. Insomma, mancava una firma per l’autorizzazione ma adesso qualcosa si è sbloccato.

"Questa famosa firma regionale è arrivata proprio nel dicembre scorso" afferma Cristiana Avenali, consigliere della Regione Lazio, sottolineando che, quindi, "la Regione Lazio ha avviato un piano di avviamento alla bonifica che per ulteriore precauzione sta valutando l'Arpa. Alla fine di questo percorso che non credo sarà molto lungo che spero avverrà nei prossimi mesi sarà possibile avviare tutti i 18 pozzi e andare avanti in questo percorso anche a Colleferro". Ma si sa, la burocrazia è lenta: solo per la perimetrazione definitiva dell’area inquinata si dovrà aspettare fine aprile. E intanto, la bonifica attende.

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