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Animali: Sud Sudan, sequestrate 1,2 ton avorio all'aeroporto di Juba

20 giugno 2016 | 11.08
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Sequestrate, nell’aeroporto di Juba in Sud Sudan, 1,2 tonnellate di avorio, quantità che corrisponde all'uccisione di circa 120 elefanti e che conferma il ruolo centrale del Paese nel transito dell'avorio illegale (passato indenne, in questo caso, attraverso l’aeroporto di Entebbe in Uganda, da cui proveniva).

Secondo il recente rapporto delle Nazioni Unite sul traffico di specie protette (Unodoc 2016), gran parte dell’avorio trafugato viene imbarcato dai porti orientali del continente africano (principalmente il porto di Mombasa in Kenya e quello di Dar El Salam in Tanzania), con destinazione di Cina e altri Paesi orientali.

Ancora oggi, solo il 10% dell’avorio viene sequestrato e sottratto al traffico criminale: il 90% arriva indenne a destinazione. Un commercio illegale che si nutre dell’uccisione di più di 30.000 elefanti ogni anno: solo nel 2011 ne sono stati uccisi 37.000 in tutto il continente africano.

In Africa resta solo il 10% dei branchi che un tempo attraversavano savane e foreste. Se infatti nell’800 veniva valutata l’esistenza di circa 5 milioni di elefanti, oggi ne rimangono appena 450.000. Nella riserva di Selous, in Tanzania, dove una volta c’erano più di 100.000 elefanti oggi ne restano solo 15.000. La competizione per spazi e habitat ma soprattutto la fame di avorio hanno eliminato generazioni di elefanti, costringendoli a vivere confinati in aree protette e avvicinando la specie al collasso ecologico.

Neanche le aree protette riescono a garantire un futuro agli elefanti: le stragi sono opera di piccoli e grandi eserciti di bracconieri, capaci di attaccare dal cielo con elicotteri e mitragliatrici e da terra con fuoristrada, trappole e kalashnikov. Una vera e propria guerra che arricchisce ogni anno uno dei mercati illegali più floridi al mondo (il commercio di fauna selvatica ha un valore di circa 23 miliardi di dollari l’anno) e impoverisce drammaticamente paesi e comunità locali.

La responsabilità della tragica fine degli elefanti non è solo dei bracconieri ma anche di un’estesa rete di corruzione. In Tanzania, dove in pochissimi anni è stato trucidato più del 50% degli elefanti, la corruzione ha aperto le porte ai bracconieri: gran parte degli elefanti è stato infatti ucciso all’interno di due aree protette.

Secondo la Frankfurt Zoological Society solo nel parco di Selous negli ultimi 4 anni è stato ucciso il 67% degli elefanti, trasformando il parco in un vero e proprio campo di sterminio. L’aumento del bracconaggio agli elefanti è stato talmente crudo e intenso negli ultimi anni da far sorgere il dubbio che possa essere legato unicamente alla richiesta per beni di lusso e artigianato. Non a caso il recentissimo Report dell’Ufficio Drugs and Crime delle Nazioni Unite, ipotizza che l’avorio possa esser diventato un bene “rifugio” su cui investire e speculare a prescindere dal suo immediato utilizzo.

Ogni grosso sequestro di avorio conferirebbe drammaticamente ancora più valore commerciale agli ultimi elefanti rimasti. "Se questo fosse vero dovremmo trovare al più presto nuovi strumenti e nuovi alleati per combattere questa orribile deriva degli investimenti e della finanza globale”, commenta Isabella Pratesi, responsabile conservazione del Wwf Italia.

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