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Animali: Wwf, stop alle 'tiger farms', allevano tigri per usi commerciali

31 luglio 2016 | 12.28
LETTURA: 3 minuti

(Foto Wwf) - (Anton Vorauer)
(Foto Wwf) - (Anton Vorauer)

Ancora oggi nel mondo asiatico parti di tigri come ossa, pelle, vibrisse, coda, cistifellea e tanti organi vengono usati nella cosiddetta “medicina tradizionale”. Per soddisfare la domanda di questo mercato non solo vengono uccisi illegalmente rarissimi esemplari selvatici di tigre ma sono state create strutture, dove, in condizioni disumane, questi straordinari felini vengono allevati. Sono le “tiger farm”, diffuse in molti Paesi asiatici.

L’allevamento a fini commerciali, sottolinea il Wwf, provoca un danno enorme alle tigri. Il commercio di tigri e parti di tigre allevate minano infatti gli sforzi di conservazione anche perché complicano la verifica dei controlli, creano una preoccupante copertura per il bracconaggio delle tigri in natura e, non ultimo, contribuiscono a consolidare e aumentare la domanda di organi di tigre, rafforzando il messaggio che la tigre possa essere un amuleto e una panacea per mali incurabili.

Per capire le dimensioni del fenomeno, il Wwf cita un'operazione, condotta a giugno in Thailandia dalla polizia in una “tiger farm” allestita all’interno di un tempio e in cui sono state rinvenute 137 tigri, tenute in condizioni drammatiche, insieme ai resti di 40 cuccioli conservati in un congelatore e i resti di altri 30 in contenitori di vetro; inoltre erano presenti oltre 1000 amuleti realizzati con pelle di tigre.

Nonostante le richieste di numerose Ong di porre fine all’allevamento di tigri per fini commerciali ancora oggi si registra un aumento di questi centri, cresciuti a dismisura soprattutto negli ultimi 15 anni. Secondo l’Eia (Environmental Investigation Agency), ci sono oggi più di 200 ‘tiger farms’, distribuiti soprattutto tra Cina, Laos, Vietnam e Thailandia: la stima delle tigri tenute in cattività è compreso tra i 7000 e gli 8000 esemplari. Queste cifre, soprattutto se si considera che le tigri allo stato selvatico in tutta l’Asia non superano i 3900 esemplari, sono seriamente preoccupanti.

Il processo di chiusura delle ‘tiger farm’ non può avvenire a danno delle tigri: va garantita loro cura e una buona destinazione, perché si tratta di esemplari che non posso più essere rilasciati in libertà. “È fondamentale che la comunità internazionale intensifichi il sostegno finanziario ai governi interessati in questa drammatica vicenda, con particolare riguardo alla Thailandia, garantendo il futuro benessere delle tigri”, spiega Edwin Wiek, direttore Wildlife Friends Foundation Thailandia.

Il problema delle ‘tiger farm’ sarà discusso alla prossima conferenza della Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione (Cites), in Sud Africa.

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