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Animali: meduse nel Mediterraneo, decuplicate in sei anni

22 giugno 2017 | 12.48
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(Fotogramma)
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Urticanti, alcune perfino mortali, altre quasi innocue, ma anche belle, buone (da mangiare) e perfette, evolutivamente parlando. Sono le meduse, abitanti ormai numerose dei nostri mari. In sei anni, dal 2009 al 2015, gli avvistamenti lungo le coste italiane sono aumentati di 10 volte, con il picco più alto però nel 2013. I fattori sono molteplici, perché così la biologia vuole: c’è il famigerato effetto serra che porta le specie tropicali nel Mare Nostrum, c’è la pesca eccessiva dei pesci, loro competitori per l’alimentazione, e l’aumento della disponibilità di substrati adatti all’insediamento della fase iniziale del loro ciclo biologico.

Queste le conclusioni del progetto italiano ‘Occhio alla medusa’ che ha coinvolto nello studio di questi organismi e affini nel Mediterraneo i cittadini grazie alla possibilità di inviare segnalazioni attraverso la rivista Focus. Dal progetto emergono numeri significativi: si è passati da circa 300 (2009) avvistamenti di meduse ai circa 3000 (2015) e da 140 circa avvistamenti di proliferazioni a più di 1200.

La distribuzione sulle coste italiane dipende dalle specie che trovano habitat più favorevoli in zone diverse. "Tutti i nostri mari - spiega all’Adnkronos Ferdinando Boero, professore di Zoologia all’Università del Salento, associato a Cnr-Ismar - sono interessati dalla presenza di meduse (anche se la parola giusta sarebbe: macrozooplancton gelatinoso). Alcuni di questi animali non pungono e non sono meduse, ma sono grossi e sono gelatinosi. La gente li chiama, comunque, meduse. Pelagia, molto urticante, sta bene dove ci sono acque profonde, soprattutto nel Tirreno. Anche Velella, la barchetta di San Pietro, sta bene in acque profonde, soprattutto nel Mar Ligure. Altre si trovano prevalentemente nel Nord Adriatico come Aurelia".

Boero, il flagello degli ecosistemi siamo noi

Poi ci sono quelle aliene. "Una l’abbiamo descritta noi - spiega il ricercatore che ha curato il progetto ‘Occhio alla medusa’ - Pelagia benovici. Probabilmente arrivata con le acque di zavorra delle navi. E’ apparsa abbondantissima in inverno in alto e medio Adriatico, poi è scomparsa. Probabilmente le popolazioni originali sono in un posto dove nessuno ha mai studiato le meduse".

Affascinanti ma, alcune, decisamente pericolose. "Alcune possono iniettarci veleni mortali, ma in Mediterraneo c’è stato solo un caso fatale, dovuto alla Caravella Portoghese, che non è una medusa ma un sifonoforo. Comunque, come le meduse, anche i sifonofori hanno cellule urticanti e ogni specie ha un veleno che ha effetti differenti nella nostra specie. Alcune ci fanno il solletico, altre ci fulminano. Ma quelle sono in Australia...".

Ce ne sono, poi, di bellissime e anche di buone da mangiare oltre che fonte di proteine. Non solo: sono animali "perfetti" dal momento che non sono dovute cambiare di molto dalle loro antenate di 600 milioni di anni fa. "Le meduse abitano gli oceani da sempre, da prima dell’evoluzione di tutti gli altri abitanti attuali. I più pericolosi siamo noi. Il flagello degli ecosistemi siamo noi, non le meduse. Le meduse sono un pungente avvertimento che non stiamo agendo bene nei confronti degli ecosistemi che, con il loro funzionamento, permettono la nostra sopravvivenza. Ma come si fa a rispettare ciò che si conosce solo grossolanamente?", conclude con una provocazione il ricercatore.

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