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Greenpeace: Arctic30, Russia condannata a pagare all'Olanda 5,4 mln

18 luglio 2017 | 18.41
LETTURA: 3 minuti

(© Greenpeace / Steve Morgan)
(© Greenpeace / Steve Morgan)

Un tribunale internazionale ha condannato la Russia al pagamento, allo Stato olandese, di 5.395.561,61 euro di danni, più gli interessi, per la vicenda degli “Arctic 30”, riaffermando così il diritto alla protesta pacifica in acque internazionali. La sentenza arriva dopo un lungo arbitrato seguito all’abbordaggio illegale, sequestro e detenzione della nave di Greenpeace battente bandiera olandese, Arctic Sunrise, avvenuto a settembre 2013.

Gli “Arctic 30”, 28 attivisti di Greenpeace e due giornalisti free lance, furono detenuti per due mesi in carcere prima di essere rilasciati su cauzione e poi scarcerati in seguito a un’amnistia adottata dalla Duma. L’Arctic Sunrise venne restituita a Greenpeace dopo nove mesi di detenzione nel porto russo di Murmansk, seriamente danneggiata. Anche i gommoni e altre dotazioni di bordo avevano subito gravi danni.

Già nell’agosto del 2015 la Russia era stata ritenuta responsabile da un tribunale internazionale per abbordaggio, sequestro e detenzione della nave e per le misure successive prese nei confronti della nave e del suo equipaggio. Il governo russo ha sempre rifiutato di partecipare ai diversi procedimenti legali o di pagare la sua quota di spese legali stabilita dal tribunale. Non è quindi chiaro se questa volta rispetterà il giudizio legalmente vincolante e pagherà i danni.

Quanto il governo olandese dovesse successivamente riconoscere a Greenpeace International verrà impiegato per coprire i costi di riparazione della nave, mentre la compensazione per i danni immateriali sofferti dagli Arctic 30 andrà naturalmente ai singoli individui coinvolti.

La settimana scorsa, dopo i lunghi lavori che sono stati necessari, l’Arctic Sunrise è ripartita per una missione contro le esplorazioni petrolifere nel mare di Barents, condotte dalla compagnia norvegese Statoil, che si sta spingendo sempre più a nord nel Circolo Polare Artico. Gli Arctic 30 si sono rivolti alla Corte europea per i diritti umani, sostenendo che le azioni intraprese dalle Autorità russe hanno leso i loro diritti al libero movimento e alla libertà d’espressione. Il caso è ancora però nelle sue fasi iniziali.

“La protesta pacifica degli Arctic 30 ha mostrato al mondo fino a che punto si spingono alcuni governi e alcune aziende per tenerci ancorati ai combustibili fossili. L’azione coraggiosa intrapresa in quella remota piattaforma petrolifera ha spinto milioni di persone a unirsi contro l’industria petrolifera e a battersi per un futuro energetico pulito”, commenta Giuseppe Onufrio, direttore esecutivo di Greenpeace Italia.

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