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Acqua: in Italia dispersione media di rete fino al 40%

30 gennaio 2019 | 14.38
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(Fotolia)
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In Italia la dispersione media delle reti di acquedotto resta elevata e cresce con la dimensione del gestore: si passa infatti dal 10%-15% per chi serve meno di 50.000 abitanti ad oltre il 40% per chi ne serve più di 1.000.000. I motivi? Soprattutto l'arretratezza dell’infrastruttura idrica, in cui i materiali più innovativi (come acciaio e polietilene) compongono il 74% della rete dei piccoli gestori e solamente il 46% di quella dei grandi. Nella maggior parte dei casi, poi, si tratta di reti miste, dove la parte in acciaio o polietilene è utilizzata per riparazioni, rifacimenti e ampliamenti di una rete originaria ancora in materiali meno performanti.

Lo rileva la seconda edizione del Water Management Report, redatto dall’Energy&Strategy Group della School of Management del Politecnico di Milano. L’80% del campione analizzato per la ricerca ha però realizzato investimenti nel corso del 2017: larga parte di essi sono stati sostenuti dai gestori di grandi dimensioni, che mediamente hanno investito oltre 90 milioni di euro. Circa il 70% del campione ha introdotto sistemi di misura e monitoraggio in diverse fasi del ciclo idrico, in particolare nella distribuzione (90%), con l’obiettivo di valutare lo stato di conservazione delle reti (68%), oppure per fare manutenzione preventiva. L’80% prevede poi di effettuare investimenti anche nel 2019: tra questi, oltre la metà (61%) pensa di aumentare la cifra, il 25% di mantenerla costante e il 14% di diminuirla.

Altro dato interessante del rapporto, quello che dice che in Italia, in ambito civile, nel 2018 sono stati messi a piano circa 3,5 miliardi di investimenti in soluzioni e tecnologie per il water management (gestione del servizio idrico), il 10% in più dell’anno precedente, e altrettanti ci si è impegnati a spendere nel 2019, in gran parte coperti tramite tariffa. Ma solo il 35%, pari a 800 milioni di euro, al momento è stato effettivamente speso e la stessa percentuale ci si aspetta venga raggiunta nel quadriennio 2016-2019, ossia tra i 3,2 e i 4,4 miliardi di euro sui 12,7 previsti.

Se poi si guarda al numero di progetti, sono pochissimi quelli messi a piano nel quadriennio che sono stati già completati (il 5%, con l’unica eccezione del Trentino-Alto Adige, che ne ha già completati il 67%), mentre quasi il 50% non è ancora stato avviato. Le situazioni più critiche si riscontrano in Toscana, Lazio e Sicilia.

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