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Spazio: l'esperto, vi svelo i segreti del 'giardinaggio' in orbita

21 gennaio 2016 | 11.43
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(foto Nasa)
(foto Nasa)

Sbocciano le zinnie sulla Stazione Spaziale Internazionale , i primi fiori coltivati in orbita, ma come si innaffia in assenza di gravità, con l'acqua che, invece di bagnare il terreno, tende a trasformarsi in sfere che galleggiano come bolle di sapone? Come si garantisce l'illuminazione a una pianta e, soprattutto, perché si studiano le piante nello spazio?

"Far sbocciare un fiore nello spazio non è proprio come gestire l'orto sul balcone. La vita in assenza di gravità comporta delle complicazioni non trascurabili. Ad esempio, una complicazione è legata all'irrigazione: l'acqua forma sfere che galleggiano come bolle di sapone anziché imbibire il terreno", spiega Renato Bruni, esperto di Biomimetica e autore del libro "Erba Volant. Imparare l'innovazione dalla piante" (Codice Edizioni).

I primi esperimenti di giardinaggio spaziale risalgono al 1990, ma il caso della zinnia è stato il primo in cui gli astronauti hanno provato a mettere una pianta in condizione di fiorire, e con successo immediato. Ma non basta avere un astronauta con il pollice verde: bisogna fare i conti con l'assenza di gravità, con il fatto che le piante devono crescere in condizioni quasi sterili (e la minima infezione batterica creerebbe problemi seri non solo all'orto ma anche agli astronauti), con la necessità di una ventilazione per che oltre certe condizioni è difficile da ottenere nel chiuso di un'astronave.

l'orto spaziale si chiama 'Veggie'

A complicare la vita del "giardiniere spaziale" ci si mettono le radiazioni. "Alcuni decenni fa, i russi hanno portato in orbita sulla stazione Mir dei semi di pomodoro e li hanno riportati sulla Terra dopo alcune settimane: avevano subito mutazioni genetiche 20 volte superiori a quelle ordinarie sulla terra e una volta piantati molti non sono stati più in grado di germinare", racconta Bruni.

Nello spazio, dal 2015 gli astronauti hanno a disposizione "Veggie", un nuovo apparecchio speciale per la crescita delle piante che crescono ognuna "in una celletta contenente dei panetti a base di un'argilla speciale molto compatta, arricchita con un fertilizzante a lento rilascio. Ogni celletta è dotata di illuminazione a Led regolabile anche nel colore oltre che nell'intensità - spiega l'esperto -Tramite questi esperimenti stiamo scoprendo che le piante si adattano alla vita nello spazio grazie alla loro innata flessibilità, la stessa che ha permesso loro di colonizzare ogni angolo del pianeta, molto prima di noi".

Grazie a questo sistema si è potuto ovviare il problema delle stagioni, delle temperature e della luce che cambiano, elementi assenti nello spazio. "Ora la Nasa sa che si possono ottenere fiori e quindi può passare al livello successivo: produrre dei frutti". Ma a cosa serve saperlo?

studiare le piante nello spazio per conoscerle meglio

"Se vogliamo provare a fare viaggi più lunghi nello spazio dobbiamo trovare il modo di sfamare gli astronauti. La strada per fare come Matt Damon, che in The Martian coltiva patate per sopravvivere sul pianeta rosso, è ancora lunga ma da qualche parte bisogna iniziare. Nell'idea della Nasa poi, dovrebbero servire anche come svago e come compagnia per gli astronauti, per il morale, insomma".

Ma non solo. "Le informazioni raccolte con questi esperimenti servono a capire meglio il comportamento e il funzionamento delle piante anche sulla Terra. Perché non sappiamo ancora tutto e scopriamo su di loro sempre qualcosa di nuovo. Ad esempio stiamo scoprendo quali sono i cambiamenti che permettono alle piante di adattarsi alla vita nello spazio grazie alla loro innata flessibilità".

Flessibilità che comporta però anche dei cambiamenti. "Ad esempio si è visto che senza gravità i rampicanti perdono la loro capacità di intrecciarsi attorno a un sostegno e dato che questo dipende molto dalla produzione di alcuni ormoni è probabile che tutto il sistema ormonale delle piante subisca forti modificazioni nello spazio".

il primo raccolto di pomodori entro il 2017

Fiori ma non solo. L'insalata è già stata fatta crescere, un paio piante di lattuga romana; è stato condotto anche un esperimento su un parente del cavolo, ma non si è arrivati a produrre materiale commestibile. I pomodori arriveranno: la Nasa ha già fatto i suoi piani e vorrebbe ottenere il primo raccolto di pomodori entro il 2017. "Aspettiamoci delle belle foto anche per allora, se tutto va bene".

E il sapore? "Senza gravità, con luce artificiale, senza la compagnia di altre piante e dei tanti microrganismi che le accompagnano su foglie e radici le piante sintetizzano altri composti. Ad esempio producono meno lignina, sostanza che fa assumere ai fusti una consistenza coriacea, ovvero restano più tenere e come le loro omologhe in serra tendono a produrre meno composti volatili, quelli che conferiscono profumo. Diventano anche più grandi, ad esempio le zinne fiorite nei giorni scorsi hanno dimensioni maggiori del solito". E sono stati congelati per essere poi studiati sulla Terra.

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