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Totti e l'addio da brividi: "E' arrivato il momento, ora ho paura"

28 maggio 2017 | 20.53
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Francesco Totti  (Foto Afp) - AFP
Francesco Totti (Foto Afp) - AFP

"Ci siamo, è arrivato il momento...". Le lacrime di Francesco Totti, le lacrime dei tifosi presenti all'Olimpico e quelle dei tifosi che hanno salutato il capitano della Roma davanti alla tv. Il numero 10 giallorosso si è congedato dalla 'sua' Roma al termine della gara vinta 3-2 contro il Genoa nell'ultima giornata di campionato. Tra gli occhi lucidi dei compagni, con Alessandro Florenzi in lacrime, Totti ha ricevuto dal presidente James Pallotta -fischiatissimo dal pubblico- una speciale maglia numero 10. Dopo l'abbraccio con la moglie Ilary e i 3 figli, senza riuscire a trattenere le lacrime, Totti ha salutato il popolo giallorosso con un interminabile giro di campo, fermandosi poi sotto la Sud. E proprio verso la sua Curva ha calciato l'ultimo pallone di una carriera straordinaria. "Purtroppo è arrivato questo momento, speravo non arrivasse mai... Purtroppo è arrivato... In questi giorni ho letto tantissime cose su di me: belle, bellissime. Ho pianto tutti i giorni, da solo, come un matto", ha detto rivolgendosi ai tifosi dal centro del campo dominato da un'enorme casacca numero 10 steso sul prato. "Venticinque anni non si dimenticano, con voi che mi avete spinto anche e soprattutto nei momenti difficili. Voglio ringraziarvi tutti. Sapete che non sono di tante parole: in questi giorni mi sono messo al tavolino con mia moglie e le ho raccontato un po' di cose di questi anni, vissuti con questa unica maglia. Abbiamo scritto una lettera per voi, non so se riuscirò a leggerla: ci provo. Se non finisco, la finirà mia figlia Chanel che non vede l'ora di leggerla", ha detto cercando di controllare le emozioni. "Vado o si fa tardi, è ora di cena... Io starei qui altri 25 anni".

"Grazie Roma, grazie mamma e papà. Grazie a mio fratello, ai parenti e agli amici. Grazie ai mia moglie e ai miei tre figli. E' impossibile raccontare 28 anni di storia in poche frasi, mi piacerebbe farlo con una canzone o una poesia", ha detto iniziando a leggere. "Ma non sono capace di farlo. In questi anni ho cercato di esprimermi con i miei piedi, con cui tutto viene più semplice. Il pallone è ancora il mio giocattolo preferito, ma ad un certo punto della vita si diventa grandi. Mi hanno detto che il tempo lo ha deciso, maledetto tempo... Lo stesso tempo che il 17 giugno 2001 -giorno del terzo scudetto giallorosso- avremmo voluto passare in fretta: non vedevamo l'ora che l'arbitro fischiasse 3 volte. Mi viene la pelle d'oca a ripensarci. Il tempo è venuto a bussarmi sulle spalle, a dirmi 'da domani sarai grande. Levati pantaloncini e scarpini, da oggi sei un uomo e non potrai sentire l'odore dell'erba così da vicino, il sole in faccia, l'adrenalina che ti consuma e la soddisfazione di esultare'. Mi sono chiesto in questi mesi perché mi stiano svegliando da questo sogno. Avete presente quando da bambini vostra madre vi sveglia mentre state sognando qualcosa di bello e voi vorreste riprendere il filo di quella storia ma non ci riesce mai? Stavolta non è un sogno, ma realtà", prosegue prima di fermarsi per l'ennesimo coro e l'ennesima ovazione. "Mi piace pensare che la mia carriera sia una favola da raccontare: ora è finita veramente, mi levo la maglia per l'ultima volta e la piego perbene. Anche se non sono pronto a dire basta e forse non lo sarò mai. Scusatemi se in questo periodo non ho rilasciato interviste e chiarito i miei pensieri, ma spegnere la luce non è facile. Adesso ho paura, non è come calciare un rigore: non posso vedere cosa ci sarà dopo. Concedetemi un po' di paura, questa volta sono io che ho bisogno di voi e del vostro calore, quello che mi avete sempre dimostrato". La risposta dell'Olimpico è immediata e impetuosa con il coro 'non ti lasceremo mai'. "Con il vostro affetto riuscirò a voltare pagina", dice prima di ringraziare "compagni, tecnici, dirigenti, tutte le persone che hanno lavorato accanto a me in questi anni, i tifosi, la Curva Sud, un riferimento per noi romani e romanisti. Nascere romani e romanisti è un privilegio. Fare il capitano di questa squadra è stato un onore: siete e sarete sempre nella mia vita, smetterò di emozionarvi con i piedi ma il mio cuore sarà sempre lì con voi. Ora scendo le scale, entro in uno spogliatoio che mi ha accolto da bambino. Ora sono un uomo. Sono orgoglioso e felice di avervi dato 28 anni d'amore. Vi amo".

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