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"Spread che abbiamo è ridicolo, riflette paura uscita dall'euro"

19 giugno 2019 | 18.56
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E' quanto ha detto il governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco a Milano

Immagine di repertorio (Fotogramma) - FOTOGRAMMA
Immagine di repertorio (Fotogramma) - FOTOGRAMMA

"Lo spread che abbiamo è ridicolo e riflette la paura che il nostro debito non sia ripagato o sia pagato meno dei prezzi a cui è stato fatto o con un'altra moneta". Lo dice il governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, a Milano. "E' cioè - aggiunge - un'altra moneta diversa dall'euro, e quindi si esca dall'euro, alcuni lo dicono e ci credono. E' una sciocchezza che rende molto difficile aggiustare i conti pubblici e quindi fare investimenti necessari per fare infrastrutture".

Per crescere e far aumentare la domanda, ferma in Italia, servono "più investimenti pubblici, direbbe Keynes: è un buon suggerimento ma abbiamo un vincolo di bilancio, un debito che cresce in rapporto al Pil e con dei dubbi sulla possibilità di sostenerlo". "L'Italia - continua - è l'unico Paese in cui l'onere dell'interesse sul debito pubblico supera il tasso di crescita. C'è un problema: la crescita deve essere più alta, e i tassi di interesse devono essere più bassi".

In Italia, aggiunge Visco, ci sono una "sfida tecnologica gravissima" su cui "come Paese abbiamo tanto da guadagnare ma siamo indietro" e una altrettanto "gravissima sfida demografica". E' una sfida che riguarda "l'ammontare di lavoro disponibile per sostenere tutti noi che stiamo per andare in pensione, che è sempre più ridotto. C'è problema demografico enorme e noi discutiamo di altre cose, in Italia in Europa e nel mondo". 

Al momento, in Italia, "la produzione sembra non essere più in grado di far lavorare tutti e le imprese che devono investire non investono, per le aspettative che vedono", sul medio lungo termine, che sono tali da scoraggiare i loro investimenti". "Il primo problema - spiega - è la sfiducia che le forze politiche siano in grado di eliminare gli ostacoli alla produzione e c'è poi questo timore del futuro che hanno le imprese, che hanno tutti, che in un mondo così ampio e globale sarà difficile trovare lavoro e per trovarlo servono competenze che non ci sono perché non si investe". E in effetti, dice, "servono strutture che non ci sono e da noi ci sono meno che altrove".

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